Un tempo, in gergo giornalistico, ma anche a scuola, si parlava di “verifica delle fonti”. Era un passaggio importante, questo tempo lento usato per controllare e per cercare di evitare di dire, scrivere, comunicare inesattezze. Era il tempo dei correttori di bozze, delle brutte copie, delle enciclopedie e delle ricerche negli archivi. Poi il tempo si è velocizzato nell’unità di misura del “click”: le informazioni hanno cominciato a correre velocissime, a essere pubblicate e lette quasi in tempo reale sulle piattaforme virtuali.
Opinioni, informazioni, illazioni, fantasie nelle piattaforme digitali hanno perso confini dettagliati e riconoscibili e si sono mischiati, ed è quindi diventato sempre più difficile capire se quello che si stava leggendo fosse vero, falso, verosimile, fantastico. Per arginare questo “problema” di proliferazione di fake news (notizie false, appunto) nel 2016 sono così arrivati nei social i fact-checker, dei “controllori di veridicità”, dei cacciatori di bufale accreditati che scovavano e verificavano (attraverso parole chiave) notizie, affermazioni, dichiarazioni soprattutto in ambito politico ma il filtro è stato usato anche per altri argomenti, dal contrasto alla violenza o al razzismo alla pornografia (e non sono mancati alcuni errori clamorosi con la censura di famosi quadri come la Venere di Botticelli). A essere accettate per il fact-checking (cioè il controllo e la verifica delle notizie) sono state circa 90 organizzazioni (e 60 lingue!).
In Italia sono state scelte due testate giornalistiche: Pagella Politica diretta da Giovanni Zagni (dal 2017) e Open di Enrico Mentana (dal 2021). Di fact-checking se ne è parlato molto nel 2020, durante il periodo pandemico. E se ne sta parlando massicciamente di nuovo ora perché Mark Zuckemberg, proprietario del colosso Meta (che comprende Facebook, Instagram, Threads), ha dichiarato di voler abbandonare questi controllori esterni per affidarsi, al momento solo negli Usa, alle Community Notes: in pratica ogni news verrà commentata dagli utenti stessi con note interne di approfondimento. Il sistema è già stato sperimentato da un’altra piattaforma, che si chiamava Twitter e ora invece si chiama X, di proprietà di Elon Musk (fondatore della compagnia aerospaziale SpaceX e amministratore delegato della multinazionale automobilistica Tesla). Zuckemberg ha dichiarato che non esistono al momento cambi di rotta sui fact-checker europei, che sono tutelati dal Dsa (il regolamento sui servizi digitali) ma si stanno alzando voci preoccupate.
Cos’è il regolamento sui servizi digitali (Dsa)
Il regolamento sui servizi digitali è in vigore dal 17 febbraio 2024 e “tutela i consumatori e i loro diritti fondamentali stabilendo norme chiare e proporzionate per le attività online. Promuove l'innovazione, la crescita e la competitività e facilita l'espansione delle piattaforme più piccole, delle PMI e delle start-up. I ruoli degli utenti, delle piattaforme e delle autorità pubbliche sono riequilibrate in base ai valori europei, ponendo al centro i cittadini” (fonte: sito della Commissione Europea).
Monica Tappa