Marta.
«Io sopravvivo, con mia moglie e i miei due bambini che a breve saranno tre, solo se ci aiutate. Il cibo a Gaza è diventato un bene di usso, a cui si può attingere soltanto se si abbiamo tanti soldi.Un kg di farina qui a Gaza costa 35 dolari» È questo il messaggio disperato che Ahmed Abbu Assi, giovane padre palestinese, inviò a Maya, una volontaria italiana che tredici anni fa lo aveva conosciuto mentre faceva volontariato a Gaza. Un grido che squarcia la distanza tra l’assedio e l’indifferenza, da chi lotta ogni giorno per nutrire i propri figli in un luogo devastato, dove la fame uccide tanto o più delle bombe. Da quell’appello condiviso da Maya, con amici e parenti, nasce un legame inatteso: l’amicizia e la solidarietà di Marta, madre italiana, che decide di rispondere. Lei, dall’altra parte del mare; lui, in una Gaza affamata e stremata. Due genitori che non si conoscevano e che improvvisamente si scoprono uniti dallo stesso linguaggio universale: la volontà di proteggere i propri figli.
Marta scrive ad Ahmed: "Un grido di dolore per voi"
«Caro Ahmed,
ho letto le tue parole e vorrei dirti che nei nostri cuori non c’è silenzio ma un grido di dolore per voi. Un grido che vorrei arrivasse alla coscienza di coloro che causano la sofferenza e la morte. Ogni mattina e ogni sera penso a voi e vorrei che tutto questo finisse. Sarebbe tardi per tutti i vostri fratelli e sorelle che hanno perso la vita, ma sarebbe la salvezza per chi è ancora vivo e per noi che vogliamo vivere sereni vicino ai nostri figli e non pensare che ci sono madri e padri che non possono dare da bere ai figli che hanno sete, non possono curarli se stanno male e non possono dargli da mangiare se hanno fame. Dire loro di non avere paura: questo è ciò che tutti noi sentiamo di fare per loro. Per la loro vita, è ciò che mi auguro possiate ancora riuscire a fare.Marta»
Ahmed risponde a Marta: "avete scelto di stare al nostro fianco"
«Cara Marta,
le tue parole mi hanno commosso fino alle lacrime. Le ho lette e rilette, e ogni volta ho sentito il tuo cuore parlare al mio. In un tempo pieno di silenzio e dolore, la tua voce è arrivata non come silenzio, ma come un grido di compassione, di verità, di amore. Dici che c’è un grido di dolore nel tuo cuore per noi e voglio che tu sappia che lo sentiamo. Ci raggiunge anche attraverso la distanza e l’oscurità, e ci ricorda che non siamo soli. Ogni parola che hai scritto parla di un cuore che si rifiuta di distogliere lo sguardo dalla nostra sofferenza. Pensi a noi ogni mattina e ogni sera — e non è una cosa che prendo alla leggera. In un mondo in cui così tanti scelgono di guardare altrove, tu, i tuoi amici e la tua famiglia siete stati al nostro fianco, sentendo la nostra fame, la nostra paura, la nostra perdita. Hai detto che speri che possiamo ancora fare per i nostri figli ciò che tutti i genitori desiderano fare: nutrirli, lenire le loro paure, dare loro pace. Questo è esattamente ciò che cerchiamo di fare ogni singolo giorno, e il vostro sostegno ci dà la forza di continuare a provarci. Non abbiamo parole sufficienti per esprimere la nostra profonda gratitudine. Avete sentito il nostro dolore come se fosse il vostro. Avreste potuto voltarvi dall’altra parte, ma avete scelto di stare al nostro fianco. Non vi godete i vostri pasti sapendo che le nostre famiglie hanno fame. Quel tipo di empatia, di amore e dolore condiviso, è rara e preziosa. La gentilezza nei vostri cuori è più che generosità: è il meglio dell’umanità. Grazie per essere stati con noi. Grazie per averci aiutato a superare questa oscurità. Non lo dimenticheremo mai.
Con tutto il nostro amore e la nostra gratitudine, Ahmed»
Marta Gabriel è un’antropologa, ma anche la madre di un bambino di otto anni. Un antropologo, di solito, studia ciò che non esiste più: tracce di culture scomparse, memorie che ci aiutano a capire chi siamo oggi. Marta, invece, sceglie di sostenere ciò che esiste e che rischia di venire cancellato: le vite, le storie, la dignità quotidiana di Gaza.
Dalla sua Sardegna, terra di resilienza, ha deciso di non limitarsi a osservare, ma di agire. Perché la solidarietà non è solo memoria del passato, è difesa del presente. È la promessa che Gaza continuerà ad esserci, che nessun blocco potrà cancellarne l’esistenza, la voce, l’umanità.