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venerdì 02 giugno 2023
 
ANNIVERSARI
 

Don Tonino Bello, un prete nel sud del Sud

08/12/2020  L'8 dicembre 1957 fu ordinato sacerdote. In questa riflessione, Giancarlo Piccinni, presidente della Fondazione che porta il nome del vescovo di Molfetta, ricorda gli anni della formazione, specialmente quelli vissuti all'Onarmo di Bologna (si studiava il pensiero sociale della Chiesa, si approfondiva la storia del movimento sindacale, si frequentavano le fabbriche e si leggeva il Vangelo con gli operai) che segnarono profondamente il futuro alfiere della Chiesa col grembiule, presidente nazionale di Pax Christi.

Era un’ espressione che spesso mi ripeteva in macchina , quando ci si spostava da un paesino all’altro: il sud del Sud. Non coglievo però nessuna tristezza nei suoi occhi: e mentre io, ancora adolescente, sognavo un riscatto della nostra terra  attraverso  nuovi modelli di sviluppo sulla scia delle ricche regioni del Nord, lui rimaneva disincantato dinanzi a tale prospettiva e il suo sguardo era ancorato alla sua terra, ai suoi colori, alla sua nudità, alla sua povertà. Don Tonino aveva già intuito che quella povertà, quella essenzialità era per tutti noi un privilegio e che forse, ben presto  anche il suo Salento sarebbe diventato ostaggio di quella “ ricchezza vampira “ che giorno dopo giorno  sottrae dignità e identità.

In questo sud, periferia della storia e della geografia, ad Alessano, all’epoca uno dei paesi più importanti del Capo di Leuca,  il 18 marzo del 1935 nasce Tonino Bello, da Maria Imperato  e da Tommaso Bello. Il padre, maresciallo dei Carabinieri, rimasto vedovo, si era risposato e con sé aveva portato Vittorio e Giacinto Carmine, i due figli che aveva avuto con la sua prima moglie, affidandoli alle premure e all’affetto della sua nuova sposa che presto darà alla luce altre due creature, Trifone e Marcello. Il 29 gennaio del 1942 muore per morte improvvisa Tommaso. La madre, rimasta  vedova,  presto conoscerà la tristezza di altri due lutti: il secondo conflitto mondiale coinvolgerà nella sua tragedia anche questa povera famiglia. Il 9 settembre del 1943 Vittorio perde la vita nell’affondamento della corazzata Roma. E il  3 ottobre 1944 Carmine Giacinto, radiotelegrafista sui Mas, muore improvvisamente come il padre, probabilmente a causa di un infarto cardiaco. In poco più di due anni il destino e la follia della guerra  si abbattono su questa famiglia portando il freddo della solitudine e della incertezza del domani. Il piccolo Tonino non aveva compiuto ancora dieci anni e già era il  fratello maggiore.  Da adulto dirà: «Mio padre non lo ricordo. So che piangevo in segreto quando vedevo i miei compagni  delle elementari accompagnati a scuola dai loro papà».

Ma già da bambino, a causa della scomparsa dei due fratelli maggiori, il tarlo della follia della guerra  entrerà nelle sue ossa e lo accompagnerà sino alla fine dei suoi giorni: da vescovo conosce Ciccillo, un pescatore molfettese, anche lui era a bordo della corazzata Roma al momento del naufragio . Ciccillo riesce a salvarsi.  Don Tonino più volte si fermerà con lui a rivivere il dolore di quei tragici momenti, quasi a voler donare al fratello una sua vicinanza e ad offrire a lui una promessa, la promessa di essere per sempre un uomo di pace. Un tributo che sente di dover vivere  anche per la sua gente  alla quale dedicherà parole bellissime: «Una gente – quella degli anni della sua infanzia – povera di denaro, ma ricca di sapienza. Dimessa nel comportamento, ma aristocratica nell’anima. Rude nel volto contadino , ma ospitale e generosa. Con le mani sudate di fatica e di terra, ma linda nella casa e nel cuore.  Forse anche analfabeta, ma conoscitrice dei linguaggi arcani dello spirito».

 

Gli anni dell’infanzia del piccolo Tonino sono anni difficili, anni di fame e di incertezze. Giorni vissuti con mamma Maria, e i piccoli Trifone e Marcello, “ .. sapore di pane solo pane, profumi di campo e di bucato…”. La chiesa è a quattro passi da casa, la scuola pure. L’incontro con il maestro aprirà nel suo cuore squarci di stupore. “ Si’, perché lui aveva l’incredibile capacità di non spiegarci mai tutto, e per ogni cosa lasciava un ampio margine d’arcano, … non so se per stimolare la nostra ricerca o per alimentare il nostro stupore. Perché l’arcobaleno dura cosi poco nel cielo?..” L’intelligenza e la bontà  del ragazzo non era sfuggita al parroco, don Carlo Palese, che presto propone al ragazzo e alla famiglia la vita del seminario. Era il mese di ottobre del 1945 quando, con una valigia piena di sogni, varcò la soglia del seminario di Ugento dopo  aver salutato i fratellini tra le lacrime e con un calesse compiuto la traversata Alessano / Ugento. 

Iniziò per Tonino una nuova vita, fatta di preghiera, studio, nuove conoscenze, mentre  compagni ed educatori subito si accorsero di questo ragazzo bravo e generoso.  Dopo cinque anni il giovane Tonino raggiunse il seminario regionale di Molfetta: eccelleva in tutte le materie, giocava a calcio ed amava tutti gli sport, suonava l’organo e la fisarmonica, amava il canto, ed il suo spirito gioviale lo rendeva amabile a superiori e compagni. I tre anni del liceo in terra di Bari passarono in fretta ed il suo Vescovo, monsignor Ruotolo, gli propose di proseguire gli studi presso il seminario Onarmo di Bologna, dove si trasfeì nell’autunno del 1953. L’Onarmo ( opera di assistenza religiosa e morale degli operai) offrì un percorso di preparazione al sacerdozio alternativo rispetto agli altri luoghi di formazione per gli aspiranti prebisteri. Si studiava il pensiero sociale della Chiesa, si approfondiva la storia del movimento del sindacato, si frequentavano le fabbriche e si leggeva il Vangelo con gli operai: si viveva, insomma, una vera rivoluzione formativa. Il giovane Tonino, a Bologna, dal cardinal Lercaro riceve gli ordini minori e  il suddiaconato e subito dopo la proposta di rimanere per sempre in quella diocesi. Tonino ringraziò il cardinale arcivescovo di Bologna al fu legato da stima profonda e sentimenti filiali ma scelse di tornare nella sua terra salentina: un legame che lo accompagnerà per sempre in vita ed in morte.

Degli anni  passati a Bologna più tardi dirà: «Un periodo bellissimo. Si vivevano già i segni del periodo preconciliare, e poi c’era la presenza straordinaria del cardinale Lercaro. Tutto ruotava intorno alla riscoperta della liturgia e dei suoi valori sociali. Di quegli anni ricordo soprattutto il contatto continuo con gli operai, quando il nostro mondo era ancora troppo chiuso, forse diffidente».  Il  7 Luglio 1957 presso la chiesetta dell’Immacolata sita in Montesardo don Tonino ricevette il diaconato e l’8 dicembre dello stesso anno nella sua Alessano fu ordinato sacerdote da monsignor Ruotolo: l’età non era quella canonica, essendo ancora troppo giovane, ma il vescovo chiese la dispensa. Il 6 dicembre del 1957 monsignor Cremonini, padre spirituale del seminario Onarmo, così scriveva  a mamma Maria: «Nella festa a noi tanto cara della Immacolata regina del cielo e della terra, sarà conferita una dignità divina e il potere di dispensare alle anime dei fedeli gli ineffabili doni della grazia al suo egregio e amabile figliolo, dotato di speciali doti di mente e ci cuore, ornamento del nostro seminario».

 
 
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