"Il seminatore al tramonto", dipinto del pittore olandese Vincent van Gogh, realizzato nel 1888 e conservato al Museo Kröller-Müller di Otterlo (Olanda). Da Wikipedia.
Se la teologia è chiamata a rinnovarsi, per essere meno astratta, nel senso di meno lontana dalle problematiche reali del villaggio globale (nel quale la dimensione “internazionale” dovrebbe significare incontro di culture e tradizioni religiose differenti, anche in Italia), un momento propizio di riflessione ci viene dalla tavola rotonda intitolata “Praedicate Evangelium: primato dell’evangelizzazione e futuro del cristianesimo” tenuta il 29 aprile come webinar per la Pontificia università Lateranense (Pul) ed ispirata dalla recente costituzione apostolica sulla Curia romana e il suo servizio alla Chiesa e al Mondo.
Comunione nelle differenze come momento favorevole
I relatori invitati hanno rispecchiato una nuova sensibilità, già in atto da un paio di anni all’università del Papa, attraverso un percorso di diploma e licenza in Teologia Interconfessionale, in cui l’esortazione di EG nn. 226-228, di cercare la «comunione nelle differenze», viene declinata con il triplice ascolto di una voce cattolica, luterana e ortodossa. A queste voci è stato chiesto di partire dalla realtà: le chiese si svuotano, c’è mancanza di giovani e di nuove vocazioni religiose, in tutta la cristianità.
A degli occhi profani questo sembrerebbe un generale declino, ma di cosa? Con Papa Francesco possiamo dire che "non siamo più nella cristianità” diffusa intendendo che non c’è più un sistema sociale in cui i valori cristiani sono noti alle masse. Questo non significa però declino del cristianesimo in toto, piuttosto di una sua forma storica che ci consegna la responsabilità di vivere e ripensare il momento presente come un momento favorevole, nella misura in cui ogni crisi (in modo positivo) chiede di rimettersi in discussione e tornare alle fonti.
Il primato della evangelizzazione
Ad esordire nel webinar è il professor Giuseppe Lorizio, docente ordinario di teologia fondamentale alla Pul, nonché coordinatore del nuovo percorso di teologia interconfessionale. Nella sua relazione la nuova attenzione all’evangelizzazione è un guadagno che permette il rinnovamento delle strutture a partire dal cuore e dalle esigenze del Vangelo. il monito è chiaro: ci dobbiamo interrogare se (per troppo tempo), per il rispetto e l’attenzione (eccessiva) portata alla dottrina, abbiamo ingenerato l’idea che la fede si potesse ridurre ad una questione “scolastica”, e se molti siano caduti nella tentazione che trasmettere la fede si esaurisca nella lezione di catechismo. Il compito “Praedicate Evangelium” è dunque particolarmente importante nella congiuntura storica che stiamo attraversando, in cui il mondo, lacerato da guerre e a rischio ambientale, fatica sia a trovare vie di pace che ad attuare una transizione ecologica. La chiesa, con il suo annuncio, può ricordare che l’unità a cui tutti aneliamo è fondata in Colui che ha dato la vita per il mondo.
La chiesa non fa missione: è missione
Su questa scia ha continuato il secondo relatore, Jens-Martin Kruse, che avvalendosi della sua pluriennale esperienza parrocchiale (nella principale chiesa luterana ad Amburgo) mette in luce la grande rilevanza ecumenica dei problemi sopra citati, in quanto non si tratta di peculiarità confessionali, che colpiscano solo la Chiesa cattolica romana, ma di una situazione generalizzata che riguarda tutte le confessioni.
Il ruolo della Chiesa non può più essere quello di proteggere una forma (storica) di cristianesimo, come se dovesse conservare un cristallo in una vetrina, ma è quello di comunicare il Vangelo nel contesto odierno. Tutte le chiese si trovano di fronte alla medesima sfida: trovare una risposta convincente alla domanda su come noi cristiani, nelle condizioni presenti, possiamo trasmettere la lieta novella di Gesù in modo che tocchi le persone e che incida significativamente nella loro vita quotidiana.
Su questo sfondo il compito delle chiese diventa la comunicazione del Vangelo. Non che il Vangelo non abbia una forza propria, ma la mediazione si rende necessaria nella misura in cui Lutero ribadiva: “anche se Cristo si fosse dato per noi e fosse stato crocifisso mille volte, sarebbe tutto vano, se non venisse la Parola di Dio a distribuirlo e me lo donasse, dicendo: è per te, prendilo e tienilo come tuo”. Allo stesso modo le singole forme, strutture e linguaggi devono servire al Vangelo e non il contrario.
Le parole del moderatore, professor Hubertus Blaumeiser, anche lui coinvolto nel progetto della teologia interconfessionale PUL attraverso il corso “Chiesa in stile sinodale nel contesto plurale di oggi: dall’esperienza della Christianitas alla cultura dell’incontro e del dialogo”, sottolineano che l’evangelizzazione non è una semplice opzione, ma fa parte dell’essenza stessa del Vangelo, tanto che la chiesa non fa missione, ma è missione.
Il Vangelo non si racconta, ma si mostra con la vita
Nel terzo intervento del reverendo Alexey Maksimov, presbitero della chiesa ortodossa russa (formatosi presso la Orthodox St. Tikhon University, Pstgu, Mosca) che svolge il suo ministero nella chiesa intitolata a S. Caterina di Alessandria nei pressi del Vaticano, si è dato ampio respiro alla dimensione personale che deve soggiacere alla missione. Nessun discepolo può essere un credibile testimone se non coltiva la sua dimensione interiore nella preghiera. Nella nostra società, infatti, vi è diffidenza verso parole che portino un invito vuoto, e nemmeno le opere di carità comune sono più motivo discriminante per la fede in quanto presenti nell’umanesimo globale, non più opera specifica dei soli istituti ecclesiali. Con cosa allora si può chiedere, o mostrare, il passaggio alla fede e al cristianesimo? La via risiede nella santificazione, fondamento all’evangelizzazione. Il tutto è descrivibile anche con il termine “illuminazione”, ribadendo il titolo del motu proprio di papa Francesco Vos estis lux mundi del 2019. Inoltre facendo sua la voce del patriarca Alessio II, il pope ha ricordato che il Vangelo non si racconta, ma si mostra con la vita.
Il futuro del cristianesimo: attrazione, libertà, laicità e unità
Nel dibattito che è seguito agli interventi, i tre relatori hanno concordato su una comune linea: di un futuro del cristianesimo per attrazione, in cui il protagonista della evangelizzazione diventa lo Spirito Santo. E i tratti di questa nuova fase della chiesa dovranno essere libertà dai comuni idoli che la affliggono; laicità, nel senso di estendere sempre più il ruolo dei laici, contro un cattivo clericalismo; unità dei cristiani a prescindere dalle differenze confessionali, dunque non più una comunione per omologazione, ma fondata sul vangelo e sul battesimo.
Marco Staffolani