La fascia della prima comunione e poi quella della cresima, anche se diceva di non credere più, due strisce di raso conservate tra i ricordi preziosi insieme con le foto di mamma e papà, della prima e della seconda moglie, con il suo tesserino da magistrato e altro ancora. Una scatola “della memoria” che Giovanni Falcone portava con se in ogni trasloco, in ogni nuovo incarico. E che la sorella Maria apre con discrezione a Monica Mondo quando insieme scrivono il libro “Giovanni Falcone. Le idee restano” edito dalla San Paolo. «Abbiamo voluto raccontare un Giovanni Falcone più privato, più umano, intimo e familiare», dice Monica Mondo, «spiegando anche come una educazione, un ambiente familiare incidono nella formazione di una persona. Non per fare di Giovanni Falcone un santino o per dargli un’impronta cattolica, che lui a un certo punto non ha più avuto, ma per capire che una certa educazione cristiana ha comunque contribuito a fare di lui quel che era». In quella scatola dei ricordi ci sono anche «le lettere di quando Falcone era entrato all’accademia navale di Livorno, iscrivendosi a ingegneria, con la famiglia contraria, che però non smette di spronarlo. E poi l’annuncio del suo rientro in famiglia e la decisione di iscriversi a giurisprudenza. Ci sono queste lettere in cui la famiglia continua a dirgli che prega per lui», continua Monica Mondo. «Uno è l’uomo che è anche per la storia che ha avuto, perché ha frequentato l’oratorio, perché è andato in giro con il parroco a visitare l’Italia. Penso che questo tipo di educazioni lo abbia segnato anche nel modo di approcciarsi ai criminali più efferati». Nel libro si ricorda un episodio in particolare, «un collaboratore di giustizia che doveva essere interrogato a Nizza, ma che era sempre più depresso, non mangiava e non parlava. E Giovanni Falcone fa arrivare la moglie e la figlia facendogli capire che si rendeva conto della sua sofferenza. Da lì è nata la confessione, che non era estorta, ma che era nata da un rapporto umano, di fiducia. Lui Diceva: “Anche nel più efferato dei delinquenti io devo vedere l’uomo”, e questo non è scontato». Un ritratto umano che Monica Mondo, con la sorella dI Giovanni, Maria, tratteggia a partire anche dai suoi ricordi, da un pranzo consumato assieme prima della presentazione di un libro, alla notizia della sua uccisione mentre ha la bimba piccola in braccio e pensa: «In che mondo ti metto a vivere». «Questo viaggio nella sua vita privata», conclude Monica Mondo, «mi ha commosso perché Falcone era un personaggio noto , una ferita aperta di uno Stato che non lo ha saputo proteggere e lo ha lasciato solo e quindi mi aspettavo di trovare soprattutto rabbia nelle persone che gli erano vicine, nei familiari. Invece mi ha colpito questo non avere alcun livore, soprattutto nella sorella, nei confronti dello Stato. Anzi Maria pensa che il senso dello Stato è sempre stato così forte in Giovanni che lui non avrebbe mai voluto destare sospetti. Il pensiero è che ci possono essere stati degli errori, ma non un complotto per porre fine alla sua vita. Questa è una cosa che mi ha commosso profondamente».