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mercoledì 11 settembre 2024
 
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Padre Bamonte: «Don Amorth ci ha insegnato che l’esorcismo è un atto di carità»

09/09/2021  L'attuale presidente dell'Associazione Internazionale degli Esorcisti così ricorda don Amorth

Padre Francesco Bamonte e don Gabriele Amorth nel giardino della Società San Paolo a Roma
Padre Francesco Bamonte e don Gabriele Amorth nel giardino della Società San Paolo a Roma

Da don Gabriele Amorth ha ereditato nel 2012 il compito, impegnativo, di guidare l’Associazione Internazionale degli Esorcisti (AIE). E lo fa, in modo discreto ma fermo, da qualche anno. Si tratta di padre Francesco Bamonte, sacerdote dei Servi del Cuore Immacolato di Maria, sacerdote dal 1990 e sin dai primi anni di ministero impegnato nell’aiuto alle vittime dell’occultismo attraverso l’ascolto, il consiglio e, dal 2004, come esorcista.

Abbiamo raccolto per Famiglia Cristiana online un ricordo di padre Bamonte su don Amorth.

Padre Francesco, quando e in che circostanze ha conosciuto don Gabriele?

«Ho conosciuto don Gabriele inizialmente mediante il suo celebre volume: “Un esorcista racconta”; in un secondo momento, anche incontrandolo personalmente. Ero stato ordinato sacerdote da appena un mese (8 settembre 1990) e il mio Superiore generale - avendo notato da tempo in me una particolare sensibilità alla pastorale della liberazione delle persone soggette all’azione straordinaria del demonio, come anche alla prevenzione dei danni dell’occultismo nel popolo di Dio - mi presentò a don Gabriele nell’ottobre del 1990. Egli fu ben lieto di trovare in me tale attitudine e mi diede degli opportuni consigli. Essendo stato ordinato da appena un mese, mi disse che nessun Vescovo avrebbe mai dato a un novello sacerdote la licenza di svolgere il ministero dell’esorcismo; ma, se avessi dimostrato di condurre una buona ed equilibrata vita sacerdotale, certamente la Divina Provvidenza avrebbe indotto qualche Vescovo, con il previo consenso dei miei superiori, ad affidarmi tale ministero. Cosa che avvenne effettivamente anni dopo, nel 2004».  

È stato lui, quindi, a iniziarla al ministero esorcistico o ha avuto comunque un qualche ruolo nella tua formazione a questo delicato ministero?

«Dopo il primo incontro nell’ottobre del 1990, mi sono in seguito più volte visto con don Gabriele che, attraverso i nostri colloqui personali, accrebbe sempre più la sua stima e fiducia nei miei confronti. Per un anno e mezzo l’ho anche assistito nel ministero che svolgeva a Roma, fino a quando non ricevetti dal Cardinale Camillo Ruini, il 3 febbraio 2004, la licenza di esercitare esorcismi nella diocesi di Roma. Cominciai, dunque, a svolgere il ministero non più come ausiliario esorcista, ma come esorcista. Dal 1997 divenni ausiliare dell’esorcista benedettino dom Gennaro Lo Schiavo, nella diocesi dell’abbazia della Santissima Trinità di Cava dei Tirreni, in provincia di Salerno. Egli, essendo amico di vecchia data del mio Istituto religioso e avendo notato le mie attitudini per questo ministero, volentieri, con il consenso dei miei superiori e dell’Ordinario della diocesi, mi prese come suo ausiliare. Sempre nel 1997, in qualità di ausiliare esorcista, entrai nel contempo, anche a far parte dell’AIE, di cui poi fui eletto presidente nel luglio del 2012. Si può dire che, sul piano teorico, morale e spirituale, chi mi iniziò a questo ministero fu certamente don Gabriele; ma sul piano dell’esperienza pratica fu da principio dom Gennaro. Tuttavia in seguito – come ho accennato –, trasferito dalla nostra comunità di Cava dei Tirreni a Roma, fui per un anno e mezzo anche ausiliare esorcista di don Gabriele».

Quale suo successore alla presidenza dell’AIE, quale pensa che sia stato il suo ruolo in questo ministero e, più in generale, nella Chiesa?

«Don Gabriele Amorth fu senza dubbio uno strumento di cui Dio si è servito per far riemergere, nella pastorale ordinaria della Chiesa, tutto ciò che riguarda la prassi esorcistica. Don Amorth ha vissuto il suo “apprendistato” presso il servo di Dio Candido dell’Immacolata, che esercitava il suo ministero al santuario della Scala Santa, in Roma. Da lui ha appreso importanti nozioni teologico-esperienziali, nonché la necessità di far riscoprire alla Chiesa la presenza di una sofferenza nascosta, tante volte incompresa, proprio perché non conosciuta: la sofferenza dei fedeli tribolati dall’azione straordinaria del demonio. Come ha ben sottolineato il Cardinale Angelo De Donatis, nella prefazione al volume dell’AIE “Linee guida al ministero dell’esorcismo”, don Amorth e padre Candido hanno contribuito alla edificazione di una corretta visione teologica circa il potere che Satana può esercitare nel mondo, preparando la strada al riconoscimento giuridico dell’AIE – di cui lui è co-fondatore – e alla memorabile pubblicazione del suddetto volume “Linee guida per il ministero dell’esorcismo”, nel settembre 2019.  Il suo ruolo principale, rispetto al ministero di esorcista, emerge dalla grande importanza che ha dato alla formazione esperienziale degli esorcisti, attraverso una visione pastorale in cui convergono teologia e prassi. Egli, infatti, era solito paragonare la celebrazione esorcistica ad un’operazione chirurgica, per la quale è necessaria non solo la conoscenza teorica, ma anche quella esperienziale. In don Gabriele la conoscenza esperienziale era anzitutto esperienza di Dio: lo stesso sacramentale dell’esorcismo, di fatto, è un’esperienza di Dio, che può sfociare in una vera e propria esperienza mistica».

Cosa la lega alla sua figura, oggi?

«Prima di tutto mi ritorna alla mente lo spirito di sacrificio con cui ha lottato costantemente per ristabilire l’importanza e la necessità dell’esorcistato nelle diocesi. In secondo luogo, quanto ho già affermato in un’intervista rilasciata all’Osservatore Romano nel 2014, in merito all’esorcismo quale opera di misericordia spirituale: lo stesso don Amorth, nel 2011, iniziò a parlare della correlazione tra esorcismo e carità, ripresa poi negli ultimi anni della sua vita. Una visione dell’esorcismo che potremmo inquadrare in chiave mistica: l’esorcismo in funzione della carità. Ebbene, in quest’aspetto mi sento fortemente legato a lui. E proprio da questa correlazione tra esorcismo e carità, sulla scia di don Gabriele, vivo il desiderio di soccorrere i fratelli tormentati dal Maligno, al punto da accettare con amore anche la guida di una presidenza così delicata, quale quella dell’AIE.

C'è un aneddoto che vuole ricordare di lui?

«Molti sono gli aneddoti della vita di don Amorth che mi hanno colpito, quasi tutti vissuti in un clima di gioia e di ironia, ideale per la lotta contro il diavolo, come insegnava san Filippo Neri. Ma c’è stato, in particolare, un episodio che ha lasciato in me un segno profondo: la descrizione del caso di possessione di Angelo Battisti. Dagli scritti di don Gabriele e dalle sue stesse narrazioni (radio, interviste, etc.), emerge la sua meraviglia davanti a una delle situazioni più difficili che abbia incontrato, mentre era discepolo di padre Candido dell’Immacolata. Costantemente ribadiva che, se non fosse stato il suo maestro – anche in virtù dei carismi mistici straordinari che aveva ricevuto in dono da Dio – a dargli la certezza morale dello stato di possessione del Battisti, mai avrebbe creduto che quell’uomo avesse bisogno di esorcismi. Ancor più significativo è quello che descrisse venticinque anni dopo, nel volume scritto in collaborazione con Paolo Rodari: “Il segno dell’esorcista”, nel quale s’interroga – e ci invita a interrogarci – su come l’uomo, anche in uno stato di autentica possessione, possa essere comunque libero di aderire a Dio e alla sua offerta di salvezza.

Infine, mi si consenta di ribadire un criterio generale che si desume dalla vita di don Amorth: egli ha sempre insegnato che la liberazione definitiva e stabile dall’azione straordinaria del diavolo è frutto e conseguenza della conformazione dell’uomo a Cristo, mediante la generosa assunzione della duplice “intenzionalità” dell’amore: verso Dio e verso il prossimo».

 
 
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