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Il prete che insegnava a chiedere per favore

30/08/2018  Da sacerdote antimafia a uomo mite: padre Pino Puglisi è stato definito in molti modi. Ma chi era davvero il prete ucciso a Palermo nel 1993? Il giornalista Fulvio Scaglione l’ha chiesto alla sua famiglia

Scrivere un nuovo libro su padre Pino Puglisi a venticinque anni dalla morte è una sfida che Fulvio Scaglione ha raccolto con l’umiltà e il rigore del mestiere di giornalista. Una scelta che giustifica così: «Non sono né uno specialista della Sicilia, né un vaticanista. Tantomeno un esperto di mafia. La prima domanda che mi sono posto avvicinandomi a questa storia è stata: come si inserisce la vicenda di padre Puglisi in quella che chiamiamo la grande storia?».  

Da questo interrogativo è nato un libro che per la prima volta raccoglie le testimonianze della famiglia di 3P (come le iniziali di padre Pino Puglisi, ndr) e un inedito colloquio con Luciano Violante, che all’epoca dei fatti era presidente della Commissione Antimafia.  

Le parole di Scaglione scandiscono un tempo, quello del 1993, cruciale della storia della Repubblica italiana. Per chi allora c’era è ancora vivo nella memoria il clima pesante che si respirava nella quotidianità; l’eco di quella Palermo bersagliata da omicidi e, nello stesso tempo, il moto di indignazione popolare che ritmava il Paese, dalla vita del Parlamento all’esistenza di ogni persona che si trovava ad assistere, da testimone involontario – attraverso la radio, la televisione e i giornali – alla tragedia di quei mesi.

Poco alla volta, poi, quegli uomini caduti per mano della mafia sono diventati loro malgrado delle figure iconiche. «Così mi sono chiesto: chi era padre Puglisi per le persone più vicine a lui? E sono partito da due considerazioni: è morto giovane ed è stato beatificato in tempi rapidi. La sua è forse una delle più rapide beatificazioni dell’epoca moderna».

LA SUA FAMIGLIA

La storia della famiglia Puglisi è «una storia nella storia»: «I suoi parenti più stretti sono vivi, attivi e lucidi. Ci sono poi i nipoti nati dopo la sua morte. Non sono mai apparsi in pubblico, non hanno intrapreso percorsi politici e tantomeno sono stati intervistati in televisione. Non hanno mai contribuito alla sceneggiatura dei film girati su padre Pino per quella riservatezza e discrezione che li caratterizza», dice Scaglione. E per questo «parlare del loro caro familiare è stato di certo un esercizio doloroso, che ha riaperto una ferita non sanata».

Fin dalla notte dell’assassinio i familiari di 3P sono stati letteralmente investiti dalla storia nella storia, dal martirio di questo sacerdote proclamato eroe della Repubblica. Il capitolo che apre il libro è dedicato proprio a quella notte, alle umiliazioni che hanno dovuto subire, per le maldicenze che erano state messe in circolazione per screditare la sua persona, per la scarsa delicatezza durante le indagini, per la lunga attesa per poter vedere padre Pino in Pronto soccorso. «La sua famiglia rinasce e muore nuovamente tutte le volte che ne accenna, ed è stato per questo un gesto di generosità decidere di parlarne», prosegue il giornalista.

Per capirlo fino in fondo bisogna spiegare che padre Puglisi era un punto di riferimento per tutta la famiglia. «C’è la storia particolare della madre, che è una donna di una generosità profonda. Fin da quando Pino era piccolo, aveva sempre detto che lo voleva non solo prete, ma anche povero e santo. E padre Pino, nonostante fosse un uomo all’avanguardia per le profondissime letture e per l’impegno sociale, non aspirò mai a fare carriera ecclesiastica».

GLI ANNI A BRANCACCIO

  

Scaglione sposta il baricentro di Puglisi da Brancaccio e lo muove in ogni luogo in cui è stato presente prima di approdare, negli ultimi tre anni di vita, all’incarico in questo quartiere fra i più difficili di Palermo. «Negli ultimi tre anni della sua vita non è Brancaccio che fa Puglisi, ma piuttosto è Puglisi che fa Brancaccio, con il suo mite intervento per prospettare un ordine diverso del quartiere, principale dominio della famiglia mafiosa dei Graviano, prima responsabile dei delitti di mafia di quegli anni», aggiunge il giornalista.

«Anche questo ci fa capire che Puglisi opera nel cuore del problema mafioso. Ma, come dicono i suoi parenti, padre Pino non era un prete antimafia. Era un prete. Punto. E con il Vangelo alla mano proponeva un ordine diverso da quello stabilito. Voleva stare con la gente che soffriva applicando il Vangelo alla vita».

IL RICORDO DI VIOLANTE

È in questo scenario che nella narrazione si innesta la voce di Luciano Violante: «Mi interessava intervistarlo per un episodio che accadde poco prima che Puglisi venisse ucciso. I due si incontrarono a Palermo, a una conferenza pubblica di Violante. Puglisi gli si avvicinò timidamente presentandosi come parroco a Brancaccio. Violante gli chiese che cosa facesse lì e padre Pino rispose “insegno ai bambini a chiedere per favore”. Questo secondo me è il cuore di tutta l’idea di Puglisi su come contrastare la violenza e la prepotenza».

L’ultima generazione della famiglia Puglisi, i nipoti, non hanno potuto conoscerlo. Ma «sono molto lucidi rispetto all’eredità che gli è stata consegnata», chiude Scaglione. «“Avremmo preferito conoscerlo da vivo”, dicono. In queste parole sta tutta l’umanità della loro famiglia».

IL LIBRO. CON GLI OCCHI DEI FAMILIARI

  

Il libro Padre Pino Puglisi. Martire di mafia, per la prima volta raccontato dai familiari (San Paolo), di Fulvio Scaglione, propone uno sguardo inedito sul sacerdote: la storia del beato Puglisi, sacerdote assassinato dalla mafia a causa del suo impegno contro la criminalità, raccontata per la prima volta dai familiari. I lettori troveranno il volume in allegato al prossimo numero di Credere e di Famiglia Cristiana, in edicola dal 6 settembre (9,90 euro + il costo della rivista). Il volume contiene anche la prefazione di monsignor Corrado Lorefice, arcivescovo di Palermo, e la postfazione di Maurizio Artale, presidente del Centro di accoglienza Padre Nostro di Brancaccio (Palermo).

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PADRE PINO PUGLISI - Un santo della porta accanto. In occasione della visita di papa Francesco a Palermo il 15 settembre per ricordare il martire di mafia a 25 anni dall’agguato

 
 
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