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lunedì 05 giugno 2023
 
Mauro Salvatore
 
Credere

Io diacono "ministro della economia" dei vescovi

14/08/2017  Mauro Salvatore, diacono permanente, sposato con quattro figli e un nipotino, dall’inizio di quest’anno è l’economo della Conferenza episcopale italiana. Una vita fra lavoro nelle aziende e servizio in parrocchia e nelle associazioni

La valigia è sempre pronta. Le radici sono ben piantate. Mauro Salvatore, 62 anni, ha imparato negli anni che le svolte della vita ti sorprendono quando meno te lo aspetti. «Sono laureato sia in Lettere che in Scienze religiose, ma nella mia vita professionale mi hanno sempre chiesto di gestire aziende. Mi sono contornato di esperti, commercialisti, avvocati come consulenti, ma dovevo capire io per primo». Salvatore, dallo scorso gennaio, è l’economo della Conferenza episcopale italiana. Primo “laico” a ricoprire questo ruolo, è sposato con Daniela, padre di quattro figli e nonno di un nipotino. «Sono un laico diventato diacono. Il nostro è un ruolo ancora tutto da riscoprire, siamo un soggetto speciale. Siamo ordinati non per il sacerdozio ma per il servizio, questa è la peculiarità». Per chiarire il concetto Mauro ricorda una frase del suo vescovo, Luciano Monari, che in queste settimane sta lasciando la diocesi di Brescia: «A un incontro diocesano con i diaconi qualche anno fa ci diceva: “Il diacono serve, se serve, quando serve e dove serve”. Questa affermazione parrebbe sminuire la figura del diacono, in realtà la fa capire in maniera precisa».

DIACONATO E FAMIGLIA «Tanti vedono il diaconato principalmente come servizio all’altare», continua Salvatore. «Io non ho mai fatto il chierichetto, ma tutt’altro: se è necessario bene, altrimenti no». Una delle esperienze belle che lo accompagna in questo periodo è risiedere in quella che viene chiamata “casa assistenti”, una palazzina nella zona dell’Aurelia dove vivono i sacerdoti che lavorano per la Chiesa italiana a Roma. «Sono con il segretario generale della Cei, monsignor Galantino, e i due sottosegretari che sono i miei referenti diretti nel lavoro. E poi diversi preti. Qualcuno un giorno ha esclamato: “Che bello! Finalmente per la prima volte abbiamo i tre gradi dell’ordine sacro rappresentati intorno alla mensa”. Ecco, è stato bello essere accolti così». Una condivisione che Salvatore ha sperimentato sin dalla giovinezza: «Il curato aveva aperto la sua casa alle persone che uscivano dal carcere. Era affiancato da un gruppo di giovani, tra cui noi che iniziavamo l’università, che li aiutavamo a prendere la licenza media. Un’esperienza di accoglienza che mi ha fatto conoscere una Chiesa aperta». È lì che incontra quella che poi sarebbe diventata sua moglie, Daniela. Insieme, come coppia di laici catechisti, preparano i giovanissimi alla professione di fede. «Un’esperienza che non ci ha più lasciati: ragazzini delle medie, corsi per fidanzati, giovani e adesso genitori che accompagnano i figli all’iniziazione cristiana. Questa è la nostra storia. Ed è anche uno degli aspetti che rende il nostro matrimonio vivo e vivace». Obiettore di coscienza, tra gli anni ’70 e ’80 Mauro fa il servizio civile alla Caritas ambrosiana, prima con i senza fissa dimora, poi con i tossicodipendenti e quindi come formatore dei nuovi obiettori. Termina Lettere e inizia a collaborare con i periodici della Caritas.

TRA FORMAZIONE E GESTIONE Una volta laureato, entra a fare parte del Centro sociale ambrosiano, una cooperativa culturale che si occupava della formazione alla dottrina sociale del laicato cattolico di tutta la diocesi, dove era appena arrivato il cardinale Carlo Maria Martini. «Ho avuto la fortuna di conoscere Giuseppe Lazzati, che per me è stato un maestro laico», ricorda. Salvatore viene chiamato come responsabile della formazione permanente all’Università cattolica, poi della casa editrice Vita e pensiero. Nel ’93, il rettore Adriano Bausola gli chiede di andare a dirigere la sede di Brescia della Cattolica. È il primo trasferimento, con l’intera famiglia che nel frattempo si è allargata a tre figli. Nel ’95 arriva anche un bambino ruandese adottivo, di 5 anni. Salvatore nel ’99 torna a Milano come direttore centrale della Cattolica, successivamente collabora con la Fondazione don Gnocchi mettendo a punto un piano di formazione per i suoi centri in Italia, e nel 2006 ritorna a Brescia, come direttore generale dell’Editoriale bresciana. «In mezzo a queste sfide di carattere imprenditoriale e alla competizione sempre più forte, avvertivo una chiamata ulteriore», racconta. Qualche sollecitazione e i colloqui con il suo direttore spirituale portano Mauro a intraprendere gli studi per il diaconato: «Cinque anni faticosissimi», ricorda, «perché dovevo conciliare lavoro e presenza obbligatoria ai corsi». A un certo punto il vescovo Monari nel dicembre 2011 lo chiama e gli chiede di essere economo della diocesi. «Restai sbigottito perché il cammino verso il diaconato voleva dire, in cuor mio, mettere da parte la gestione aziendale e dedicarmi di più al volontariato educativo e assistenziale». La risposta del vescovo è netta: «Ti stai avviando verso il diaconato, che vuol dire servizio. A noi interessano le cose che hai fatto e che potresti portare in diocesi». Dopo due giorni di confronto con la moglie, Mauro, che nel frattempo era andato in prepensionamento per potersi dedicare interamente al servizio alla Chiesa, accetta la collaborazione.

ECONOMO DEI VESCOVI «L’economo è un termine che non esiste nelle aziende, se non per identificare chi si occupa degli acquisti. In diocesi non sapevo cosa fosse: bilancio, gestione complessiva e una serie di addentellati, con la costruzione di una strategia complessiva tra i vari enti, verso un bilancio aggregato e la costituzione di una società di servizi. È stato bello, anche se assolutamente non facile». I mandati come economo durano cinque anni, e a metà gennaio, Mauro chiede di poter accompagnare il suo successore in diocesi. «Volevo finalmente tornare al progetto iniziale». Ma anche qui le cose vanno diversamente: viene inserito nella lista dei candidati economi per la Cei. E adesso? «Sono un po’ impensierito, perché noto un’attesa molto forte», dice. Una grande soddisfazione è però venuta all’assemblea del 2016, quando i vescovi gli hanno detto: «Ci ha sminuzzato il bilancio in termini semplici e siamo riusciti a capirlo». Ora, da economo, Salvatore sta seguendo le innovazioni in corso: «Massima trasparenza nell’8 per mille non soltanto nella parte delle uscite ma anche delle rendicontazioni», elenca. Un’altra novità assoluta è «l’assegnazione di fondi a diocesi e Caritas sulla base di un determinato progetto che poi viene rendicontato, anche a livello di ricaduta sociale» Quali consigli darebbe alle parrocchie dal punto di vista amministrativo? «Vivacizzare il consiglio degli affari economici: mettere attorno al presbitero dei laici professionisti che lo accompagnino. Oggi tante volte il prete è da solo, avvilito: “Ho avuto il dono della vocazione ma non pensavo di dover gestire immobili o il bilancio”, si sente dire spesso. Nelle parrocchie c’è il mandato ai catechisti e sarebbe bello se ce ne fosse uno analogo per i laici che collaborano a livello amministrativo».

Foto di Stefano Dal Pozzolo/Contrasto

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