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mercoledì 26 marzo 2025
 
Beati e Martiri
 
Credere

Chi erano gli Ulma, la famiglia martire che diventa beata

07/09/2023  I coniugi polacchi Józef e Wiktoria Ulma e i loro figli accolsero in casa 8 ebrei perseguitati e furono uccisi dai nazisti. Ora tutti salgono agli altari, compreso un bimbo appena partorito

«L’esempio di questa famiglia eroica che ha sacrificato la propria vita pur di salvare i perseguitati ebrei aiuti a comprendere che la santità e i gesti eroici si raggiungono attraverso la fedeltà nelle piccole cose quotidiane». Lo ha detto papa Francesco nell’udienza del 30 agosto, scorso in piazza San Pietro, alludendo alla famiglia polacca Ulma che viene beatificata domenica 10 settembre.

Un caso davvero unico nella storia: quel giorno, infatti, la Chiesa proclamerà martiri e beati i nove componenti: padre, madre e 7 figli (di cui l’ultimo appena partorito), tutti giustiziati dai nazisti nel 1944 nella loro casa. L’accusa: avere ospitato clandestinamente otto ebrei.

 

Beatificazione eccezionale

Che si tratti di un evento dai contorni eccezionali, pur dentro una storia all’apparenza “normale”, lo sottolinea il cardinale Marcello Semeraro, prefetto del Dicastero per le cause dei santi: «Beatificazioni come questa, in tempi recenti e anche con le attuali procedure, non ce ne sono state. Le famiglie sono state dichiarate sante, ma con singole canonizzazioni. Inoltre nel caso degli Ulma parliamo di martiri; per l’epoca recente questo è un fatto del tutto nuovo».

Ad aggiungere ulteriore motivo di interesse per questa beatificazione c’è la novità del fatto che sia considerato martire dalla Chiesa un bambino appena nato. «Questo è un fatto ancora più nuovo», conferma Semeraro, alludendo al settimo figlio degli Ulma, che era nel grembo della mamma e che è stato partorito per la paura, proprio durante l’esecuzione da parte dei nazisti.

«È un caso molto singolare che possiamo chiamare Battesimo di sangue. Penso, per un caso analogo, a quello dei Santi Innocenti. Anche questa creatura – la cui testa e buona parte del piccolo corpo sporgeva dal ventre della mamma, come fu trovata nella fossa comune nella quale era stata sbrigativamente sepolta tutta la famiglia dopo l’eccidio – è stata ritenuta meritevole di martirio».

Le parole del prefetto del Dicastero per le cause dei santi che abbiamo riportato sono contenute nella prefazione al volume Uccisero anche i bambini. Gli Ulma, la famiglia martire che aiutò gli ebrei, in libreria da pochi giorni per i tipi di Ares. Il libro – frutto di un’accurata inchiesta giornalistica compiuta dalla vaticanista Manuela Tulli dell’Ansa, insieme con Pawel Rytel-Adrianik, responsabile della sezione polacca di Vatican News e di Radio Vaticana – attinge alle fonti del processo di beatificazione ed è impreziosito anche da una riflessione di monsignor Stanisław Gądecki, presidente della Conferenza episcopale polacca.

 

L’amore in famiglia

Ma torniamo alla vicenda che vede protagonista la famiglia Ulma. Siamo nel marzo 1944, in piena Seconda guerra mondiale. A Markowa, villaggio della Polonia, viene sterminata un’intera famiglia: Józef e Wiktoria, con i loro bambini Stasia, Basia, Władziu, Franio, Antoś, Marysia e un piccolo, sul punto di nascere. Nove persone soppresse dai nazisti perché “colpevoli” di avere nascosto nella loro casa otto ebrei, membri delle famiglie Goldman, Grünfeld e Didner, uccisi con loro lo stesso giorno.

Józef e Wiktoria si erano sposati il 7 luglio del 1935 nella chiesa parrocchiale di Markowa: 35 anni lui, 12 in meno lei. A cementare la loro unione è stata una fede granitica. Il postulatore don Witold Burda riferisce, in proposito, una delle testimonianze raccolte nel corso della causa di beatificazione: «Józef e Wiktoria erano brave persone, erano una coppia molto unita e volevano molto bene ai loro figli. Ho abitato per una settimana a casa loro», dice il testimone, «quando Wiktoria aveva partorito il terzo figlio. Ricordo che i bambini erano molto educati. Józef si inginocchiava con loro la sera a pregare».

Parlando del momento in cui la coppia decise di accogliere in casa otto ebrei, mettendo a rischio la propria vita e quella dei loro figli, don Burda evidenzia il ruolo significativo di Wiktoria.

«Come postulatore, e leggendo diverse testimonianze, sono convinto che i coniugi, Józef e Wiktoria, abbiano preso questa decisione insieme. Non è stato Józef da solo». La figura tutt’altro che remissiva di mamma Ulma è messa in luce anche dalla scrittrice polacca Maria Elżbieta Szulikowska, la quale ha dedicato una biografia a Wiktoria Ulma. La stessa autrice, dopo un pellegrinaggio sulla tomba degli Ulma a Markowa, ha scritto una poesia dedicata alla famiglia polacca. E di Wiktoria ha detto. «Il suo sguardo luminoso potrebbe fare invidia alle femministe»

 

“Giusti tra le nazioni”

Il coraggio della famiglia Ulma ha meritato ai suoi componenti il titolo di “Giusti tra le nazioni”, l’onore più grande che lo Stato d’Israele concede ai non ebrei. Ora tocca alla Chiesa cattolica riconoscerli beati e martiri, in virtù di un gesto di enorme coraggio, compiuto per amore. In una piccola casa di sole due stanze gli Ulma, benché numerosi, ospitarono tre famiglie ebree e offrirono, per oltre un anno e mezzo, la loro soffitta come nascondiglio.

Inoltre aiutarono altre quattro donne ebree; Józef Ulma preparò un nascondiglio per loro, e Wiktoria portava loro regolarmente il cibo. Per queste ragioni è facile intuire perché gli Ulma siano stati chiamati i “samaritani di Markowa” e come mai, nel loro villaggio, sia stato eretto un Museo (papa Francesco ne benedisse la prima pietra nel 2013) che ne perpetua la memoria.

 

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