La conclusione del matrimonio dei genitori non è ragione sufficiente a escludere la punibilità del figlio minore che compie un atto vandalico come, nel caso in esame, rigare un’automobile e facendo seguire a questo gesto minacce nei confronti del proprietario. Questo è quanto stato stabilito dalla sentenza n. 6970 della Corte di Cassazione la quale ha voluto fissare dei paletti al riconoscimento dell’incapacità di intendere e di volere del minore: al momento della commissione del fatto, infatti, le capacità cognitive del figlio avrebbero dovuto essere così compromesse da non consentirgli di capire il disvalore dei gesti messi in atto. Per usare le parole della Corte “perché un minore sia riconosciuto incapace di intendere e di volere al momento della commissione del reato è necessario l’accertamento di una infermità di natura e intensità tali da compromettere, in tutto o in parte, i processi cognitivi, valutativi e volitivi del soggetto, eliminando o attenuando grandemente la capacità di percepire il disvalore sociale del fatto e autodeterminarsi autonomamente”. Di conseguenza, particolari condizioni socio-ambientali o familiari in cui sia cresciuto il minore, ancorché molto dolorose e laceranti, non hanno impedito al figlio di valutare criticamente i propri comportamenti: pur riconoscendo l’influenza negativa che un evento traumatico come la separazione dei genitori può provocare nel minore, la Corte non ha potuto dare credito all’autolegittimazione del crimine non essendo, nel caso di specie, in presenza di una patologia mentale legittimante un giudizio di non imputabilità.
La separazione e il vandalismo dei figli
Secondo la Cassazione, la crisi del matrimonio non esclude la punibilità per eventuali atti vandalici
10 marzo 2011 • 07:00
Ultimo aggiornamento 7 dicembre 2025 • 16:58




