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C’è un filo che attraversa il saggio Lavoro e fiducia. Dalle false narrazioni al coraggio di trasformare la realtà (Franco Angeli, collana “Orizzonti”): la necessità di riportare il lavoro al suo significato più autentico. Non un campo di battaglia ideologico, né un’arena dominata da slogan e algoritmi, ma uno spazio umano, fatto di persone, relazioni, responsabilità e valori condivisi. Maria Cristina Origlia, giornalista socio-economica e presidente del Forum della Meritocrazia ETS, parte da un’intuizione semplice ma potente: la narrazione dominante sul lavoro è distorta. «Troppo spesso – spiega – i media e la politica ripetono vecchie credenze, si piegano a strumentalizzazioni o si fermano alla superficie. Così si genera disinformazione e si alimenta sfiducia». Il risultato è una società disillusa, dove il futuro non è più una promessa, ma una minaccia.
Il libro, pubblicato da Franco Angeli, è costruito come un’indagine in cinque capitoli, ognuno dedicato a una “vulgata” da ribaltare. Si parte dal mito dell’Italia “popolo di imprenditori”: Origlia dimostra, dati alla mano, che il nostro tasso di imprenditorialità è tra i più bassi dell’Ocse. A discutere le cause e le possibili vie d’uscita intervengono Alessandro Zattoni, docente di Strategia e Corporate Governance alla Luiss e presidente dell’European Academy of Management, e Miriam Cresta, CEO di Junior Achievement Italia, che richiamano la necessità di «investire nei giovani e liberare il loro talento». Il secondo capitolo affronta il nodo dell’occupazione femminile. Contro il luogo comune che oppone maternità e carriera, i dati dimostrano il contrario: dove le donne lavorano di più, cresce anche la natalità. Lo spiegano Daniela Brogi e Sonia Malaspina (Danone), entrambe convinte che serva una «rivoluzione culturale nella scuola e nelle imprese» per uscire dalla logica del sacrificio e costruire reali condizioni di parità. Il terzo capitolo è dedicato al merito, parola spesso travisata. L’idea che “premiare il merito generi discriminazione” viene smontata dal confronto tra Giampaolo Galli, economista dell’Università Cattolica, e Lara Porciatti, manager di ART-ER. L’egualitarismo di facciata, sostengono, finisce per livellare verso il basso, bloccando l’ascensore sociale. Con il quarto tema – diversità e inclusione – l’autrice entra in uno dei territori più scivolosi. «Avere una policy DEI non basta», avverte. Barbara Quacquarelli e Pino Cantatore mostrano che la vera inclusione non è una checklist, ma un ripensamento flessibile dei tempi e degli spazi del lavoro, capace di valorizzare davvero le differenze. Il quinto capitolo si concentra infine sulla sostenibilità. Oggi basta una sigla ESG per proclamarsi virtuosi, ma la realtà racconta altro: incidenti, precarietà, working poor. Gabriele Gabrielli (Università Europea di Roma) e Isabella Manfredi (Feralpi Group) ricordano che «non può esserci impresa sostenibile senza dignità del lavoro». A chiudere il volume, una conversazione inedita tra il filosofo Roberto Mancini e l’economista Mauro Gallegati, allievo di Hyman Minsky e collaboratore di Joseph Stiglitz. Un confronto che invita a superare le cornici abituali e a «cambiare modo di pensare, se vogliamo cambiare il mondo», come scriveva Albert Einstein.





