L’arresto del boss Matteo Messina Denaro è stato sicuramente un successo dello Stato nella lotta contro le mafie. Qualcuno obietta che averci impiegato trent’anni rappresenta piuttosto un segno di debolezza dell’antimafia investigativa, ma dobbiamo ammettere che comunque è sicuramente molto meglio che sia avvenuto! Il problema dovremmo cercarlo semmai da qualche altra parte. Quell’arresto chiude l’epoca stragista della mafia siciliana ma non fa i conti con le presenze mafiose nel nostro Paese.
Né con quelle di altra denominazione e storia, né con la mafiosità diffusa. «Bisogna alimentare quell’humus necessario contro ogni forma di criminalità, corruzione», ha detto il vescovo di Mazara del Vallo monsignor Angelo Giurdanella, «per ridare speranza nel partorire virtù civiche, impegno nella legalità e solidarietà che servono non solo per arginare ma per creare una radicale alternativa al sistema mafioso». È come aver tagliato il ramo più importante di un vecchio albero che continua comunque a dare gli stessi frutti. Pertanto bisognerà impegnarsi in un’opera di sradicamento e di bonifica del terreno.
La stessa latitanza di Messina Denaro è stata garantita da una fittissima rete di omertà e paure ma anche di complicità, coperture e connivenze, alimentate dalla corruzione. Il generale Dalla Chiesa lo definiva «il polipartito della mafia» che corrisponde alla compenetrazione dell’organizzazione criminale nella politica, nell’economia, nelle istituzioni, nell’informazione e nella società civile. Occorre colpire quella zona grigia con maggiore determinazione, coordinando non soltanto le conoscenze e gli sforzi di tutta l’antimafia investigativa ma anche di quella giudiziaria, politica e sociale.
La pervasione non è di tipo armato. È di mentalità. Anche nel mio personale impegno con il settore internazionale di Libera– associazione nomi e numeri contro le mafie, mi sono reso conto di quanto le dinamiche di sostegno e diffusione di mafia e mafiosità contengano gli stessi codici e presentino gli stessi comportamenti a ogni latitudine. Dobbiamo evitare che i Matteo Messina Denaro del Messico e della Nigeria, della Cambogia e dell’Honduras continuino a nutrirsi con la Kryptonite o con gli spinaci di chi si volta dall’altra parte e di chi pensa che, alla fin dei conti, le mafie sono parte della convivenza civile. È esattamente questo a farli apparire invincibili come supereroi.
Al contrario le istituzioni devono scolpire nelle agende dei propri programmi che la lotta alla mafia rappresenta una priorità per il nostro Paese, le Chiese devono persuadersi che mafia e Vangelo sono inconciliabili e tracciare itinerari pastorali ed educativi che abilitino a riconoscere e denunciare i comportamenti mafiosi, la scuola è chiamata a incarnare, prima che impartire, i codici del vivere civile e democratico, ma anche le università, il sistema sanitario e ogni altro ambito della vita civile deve riuscire a bandire prevaricazioni, favoritismi, corruzioni, privilegi e prepotenze. Solo allora potremo esultare dicendo: la mafia è stata sconfitta.