Una chiesa che testimoni la sua fede nella vita quotidiana, “superando ogni tentazione di adattamento alla mentalità di questo mondo” e, insieme, accettando sempre il dialogo e facendosi solidale con tutti gli uomini che incontra. Questo il monito forte lanciato dal pulpito del Duomo dal cardinal Angelo Scola, nella sua prima omelia da arcivescovo della diocesi ambrosiana. E lo ha fatto usando l’invito a suo tempo rivolto da suo illustre predecessore, l’arcivescovo Montini: “Venite ed ascoltate”. “Tuttavia”, precisa il cardinale, “come già fu per la missione montiniana, questo invito presuppone da parte dei cristiani un ‘andare’, un rendersi vicini agli uomini e alle donne in tutti gli ambiti della loro esistenza”.
Questo richiamo alla necessaria incarnazione della fede nel quotidiano ritorna ancora pressante nelle parole del vescovo: “un cristianesimo che non investa in tutte le forme di vita quotidiana degli uomini, cioè non diventi cultura, non è più in grado di comunicarsi e non parla più a uomini e donne che sembrano sopraffatti dal ‘mestiere di vivere’, per citare Pavese”. In questo senso un appuntamento fondamentale, ha precisato Scola, sarà il VII Incontro mondiale delle Famiglie, che si terrà a Milano il maggio prossimo, con la presenza del Papa: “Ci consentirà di riflettere sul significato dell’uomo-donna, del matrimonio, della famiglia e della vita. Aspetti che con il lavoro il riposo e la festa, l’edificazione di una città giusta, la condivisione magnanima e perciò equilibrata delle fragilità, delle forme di emarginazione, del travaglio dell’immigrazione, descrivono l’esperienza elementare, integrale, comune di ogni uomo”.
Di ciò si occuperanno già dalle prossime settimane le quattro assemblee diocesane con le realtà sociali del volontariato e dei poveri, della cultura, del lavoro e della politica. Al tema della testimonianza Scola aveva dedicato nel pomeriggio anche il saluto ai 215 catecumeni, quasi tutti stranieri, radunati nella basilica di Sant’Eustorgio, culla del cristianesimo milanese. Nella chiesa dove sono stati evangelizzati e battezzati i primi milanesi, e che la tradizione vuole come prima tappa dell’ingresso in Milano dei nuovi arcivescovi, Scola ha detto: “La testimonianza è il nostro martirio quotidiano. A questo voi siete chiamati da subito”. Poi ha ricordato la vocazione del capoluogo lombardo: “Milano è terra di mezzo, da sempre crocevia di incontro con l’altro. Spesso doloroso, talora violento, ma per finire, sempre accogliente. E a questa “metropoli illuminata, operosa ed ospitale”, come l’ha definita, l’ex-patriarca di Venezia ha rivolto l’augurio finale, prima del bagno di folla in piazza duomo: “Milano, non perdere di vista Dio”.