Uno sguardo costante e fisso rivolto alla Mamma celeste, un abbraccio che ci riporta alla tenerezza dei bambini e riempie il nostro cuore di infinita gratitudine. Accade ogni anno da secoli, nel periodo in cui le rose sbocciano e la primavera rende più liete le giornate. Maggio, mese per eccellenza dedicato a Maria, conserva da sempre il sapore antico di rituali d’amore che, come i grani di un Rosario, alternano devozione, lode, peregrinazione e preghiera. Momenti di grande aggregazione e condivisione, occasioni speciali per rinnovare l’affidamento filiale alla Vergine, che nell’ultimo periodo hanno cambiato veste, adattandosi per quel che possibile, alla condizione pandemica in cui viviamo. È così che dalle piazzette di quartiere, dove venivano proclamati a gran voce i misteri del Rosario, si è passati ai cenacoli di preghiera in famiglia, alle meditazioni rilanciate su whatsapp, alle catechesi on-line dai Santuari più importanti pur di non perdere quel gusto di maggio che ci tiene stretti al cuore di Maria. Ma come nasce la tradizione del mese mariano? Ce lo racconta Padre Gian Matteo Roggio, mariologo e Superiore della Provincia italiana dei Missionari della Salette.
«In Occidente il mese di maggio come mese dedicato a Maria comincia a farsi strada intorno al XIII-XIV secolo. L’intento iniziale era quello di cristianizzare le feste pagane che si celebravano in primavera inoltrata. A quel tempo la tradizione popolare inneggiava alla natura che esplode a maggio con tutti i suoi colori, festeggiava la donna come simbolo di fertilità e in questa tradizione si fa strada Maria, la donna delle donne, la Regina del cielo che porta l’umanità a Cristo. L’avvento del Rosario nel Medioevo è inoltre un richiamo ai fiori e così come all’amata si offrivano ghirlande di rose, alla Madonna venivano donate ghirlande di Ave Maria. Le prime pratiche devozionali risalgono però al XVI secolo. Fu san Filippo Neri a insegnare ai suoi giovani a ornare l’immagine della Vergine di fiori e a cantare le sue lodi».
Padre Gian Matteo Roggio
Cosa racconta la tradizione più recente?
«Per come lo conosciamo noi oggi, la nascita del mese mariano risale al 1700. È la Compagnia di Gesù a tracciare la via: il pensiero spirituale, il riferimento a Maria, la preghiera a Maria sono le tappe di un percorso che conduce a Lei. Fu in particolare il gesuita Annibale Dionisi nel 1725 a pubblicare Il mese di Maria o sia il mese di maggio consacrato a Maria, testo che invita a praticare e vivere la devozione mariana ovunque e nella quotidianità di ogni giorno attraverso la preghiera, preferibilmente il Rosario, la meditazione dei misteri, i fioretti e le giaculatorie. Nella cristianità orientale, parallelamente, il mese di maggio è un periodo liturgico cruciale perché è il mese dell’Assunta e viene vissuto con grande devozione. Quindici giorni di digiuno preparano i cristiani alla festa dell’Assunzione di Maria che dura ininterrottamente per altri quindici giorni».
In che modo la Chiesa ha custodito questo patrimonio di fede e devozione?
«Il mese di maggio e la devozione a Maria ha sempre contraddistinto l’opera dei pontefici. I dogmi inoltre, hanno amplificato e potenziato quello che già esisteva. Alla luce dei dogmi, che nell’immaginario comune erano l’esaltazione dell’onore di Maria, della singolarità di Maria, della gloria di Maria, il mese di maggio ha assunto una rilevanza maggiore, e assieme alla corona del Rosario, è diventato occasione particolare per dare onore a Maria e beneficiare della sua intercessione».
Quale contributo giunge da Papa Paolo VI e dalla sua Enciclica Mense Maio?
«È il 1965. Siamo negli anni immediatamente successivi al Concilio Vaticano II, in cui vengono sollevate critiche feroci nei confronti delle tradizioni mariane. Da un lato perché non si era compreso quello che il Concilio aveva effettivamente detto, dall’altro perché tantissime devozioni mariane risultavano ormai anacronistiche. Dinanzi al disappunto proveniente non solo dagli ambienti laici ma soprattutto dai religiosi, Paolo VI attraverso l’Enciclica ribadisce con forza che aldilà delle forme culturali, le tradizioni mariane vanno conservate, ivi compresa la pratica del mese di maggio: “Il mese di maggio”, scrive, “porta questo richiamo a più intensa e fiduciosa preghiera, perché in esso le nostre suppliche trovano più facile accesso al cuore misericordioso della Vergine”. In quel momento, dove si vuole buttare via tutto ciò che è tradizione, è passato, Papa Montini decide di difendere questo patrimonio che appartiene comunque alla storia della Chiesa e invita i cattolici a vivere questa tradizione, seppur in tempi nuovi.
Lo scorso anno Papa Francesco, durante il primo lockdown, ha augurato a tutti di riscoprire nel mese di maggio la bellezza della preghiera nel cuore del focolare domestico. Che valore ha avuto questo invito?
«C’è stato un vero e proprio ritorno alla recita del Rosario e la casa è diventata davvero Chiesa domestica, luogo di unione in cui crescere nella fede. Come ha detto Papa Francesco in questo tempo pasquale, durante una delle sue catechesi del mercoledì, “noi non siamo mai soli”. Siamo accompagnati dagli angeli, e non solo dagli angeli, ma dai santi e dalle sante. E se questo è vero, allora c’è da essere certi che siamo accompagnati di sicuro dalla Madre di Gesù. Questo ci consente di fare qualcosa di decisivo per la nostra vita e per la vita delle persone che amiamo. Se siamo infatti accompagnati da Santa Maria, possiamo mettere nelle sue mani e nel suo cuore tutto quello che viviamo. La preghiera è sempre l’arma vincente».
A un anno di distanza come rinnovare il nostro grazie e la nostra devozione a Maria?
«Prima di rispondere, invito tutti, a cominciare da me a domandarsi: come vivere questo tempo di pandemia? Come affrontare i lutti, le perdite economiche, l’ansia del futuro, la paura del contagio, la frustrazione di dover ancora pazientare dentro casa? Con la fede, da credenti. Siamo in compagnia della grande comunità dei credenti che sono i santi e le sante e possiamo chiedere loro gli aiuti necessari per affrontare tutto. In fondo quello che loro ci suggeriscono con la loro vita, con il loro esempio è un qualcosa che è pieno di Dio. Se domando a Maria come posso affrontare questo momento, ciò che Lei mi darà sarà pieno di Dio. E allora io potrò vivere e attraversare anche la pandemia. Inoltre i santi e le sante ci dicono anche un’altra cosa: queste difficoltà che viviamo non sono il segno che Dio ha cambiato opinione su di noi, e quindi adesso è arrivato il momento del castigo. I santi e le sante ci dicono che Dio è sempre lo stesso. Se Dio è misericordia, se Dio è tenerezza, è mitezza, allora lo è anche adesso. Davanti a questa pandemia, non dobbiamo convincerci che Dio ha cambiato opinione e Maria che è la capofila dei santi, il tedoforo con la fiaccola accesa, ci invita anche in questo nuovo mese di maggio che si apre a non camminare da soli, ma ad alzare lo sguardo e il cuore verso il cielo».
Maria Grazia Berretta