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domenica 09 febbraio 2025
 
teatro
 

Suora Mamma e Suora Babbo: la storia di Susanna, neonata ebrea, e delle sue madri “stimmatine”

31/01/2025  La piccola fu l’unica della sua famiglia a salvarsi, grazie alla protezione e alle cure delle religiose di un convento fiorentino. La sua vita è ora una pièce teatrale, con repliche a Santa Fiora e Firenze: una linea rossa che unisce donne votate a Dio, ma anche alla maternità e al culto della memoria

di Nicoletta L. Bagliano

Non dimenticare la tragedia dell’Olocausto significa anche dare voce a storie piccole, sconosciute, di donne piene di coraggio, che ancora oggi sono un forte monito e un messaggio di speranza per le generazioni presenti e future. Questa è una storia al femminile, di donne votate a Dio, alla maternità - anche adottiva - e alla testimonianza. Susanna è una delle Donne della Memoria.

Chi era Susanna?

Una bambina ebrea scampata alle persecuzioni naziste perché affidata dai genitori alle cure delle suore francescane di un convento di Firenze, la cui vita è narrata nello spettacolo Suora Mamma e Suora Babbo, in scena al teatro Camilleri di Santa Fiora (Grosseto) il 2 febbraio. L’idea di raccontarla è venuta a Francesco Suriano, drammaturgo e regista teatrale, che ha conosciuto Susanna più di trent’anni fa. Si chiamava Susanna Silberstein Trevisani in Ceccherini: «Nessuno di questi cognomi va tralasciato», dice Francesco Suriano, «perché indicano tutte le persone che le hanno permesso di restare viva». Parliamo dei genitori (Walter e Edith Silberstein) che l’hanno salvata dall’orrore dei campi di sterminio affidandola alle religiose fiorentine; di Libera Trevisani, la donna che la adotterà appena uscita dal convento e che sarà sua madre per il resto della vita; di Pier Vittorio Ceccherini, l’uomo che la sposerà e dalla quale avrà due figli, Tullio e Francesca.

La beffa, solo nella morte

«Susanna è morta nel 2020 durante il lockdown, in piena pandemia», racconta il regista, «senza la possibilità di avere un funerale né l’ultimo saluto dei suoi figli e del marito. Questa triste circostanza mi ha fatto riflettere: era come se il destino replicasse la solitudine della morte, come quella della sua famiglia - avvenuta 77 anni prima - sterminata nel campo di Auschwitz, lontano da tutti, senza lacrime né preghiere». Non si è salvato nessuno: i genitori, la sorella Elena e il fratello Riccardo, nonni, zii, nessuno è tornato.

Suora Mamma e Suora Babbo

Solo Susanna è scampata all’orrore della Shoah, grazie al gesto più doloroso e amorevole che un genitore possa fare: chiedere a qualcun altro di accudire il proprio figlio al suo posto. Questo compito è stato affidato alle suore dell’ordine delle Povere figlie delle Sacre Stimmate di San Francesco d’Assisi, dette “stimmatine”, un gruppo di religiose di un convento fiorentino che hanno accolto la piccola di poco più di un anno e si sono occupate di lei per tre anni. Tra le mura francescane Susanna è stata nutrita, cullata e accudita al riparo dalle persecuzioni e le suore sono diventate la sua famiglia, ciascuna con un ruolo ben preciso: suor Cesarina era Suora Mamma, mentre suor Federica era Suora Babbo. Poi c’erano le suore zie e la madre superiora suor Teresa: in loro Susanna trova dei nuovi punti di riferimento che saranno il nucleo affettivo primario per la sua crescita.

L’adozione

A quattro anni la piccola viene adottata da Libera Trevisani (vedova del matematico Tullio Levi Civita), con il sostegno dell’amica Marcella Treves, rappresentante della Delasem di Firenze, l’associazione ebraica che si occupava delle adozioni dei bambini sopravvissuti all’Olocausto. La madre adottiva e la “zia” sono il nuovo binomio femminile che accompagnerà Susanna negli anni a venire, fino alla scelta di far nascere una famiglia propria.

La forza delle donne

Susanna raccontava: «Io ho avuto solo donne che mi hanno difeso, donato affetto, letizia, supportato, cullato, amato, gioito: Libera… Edith…Marcella… Elena… Lea… Cornelia… Leonida… Madre Superiora… Suora Mamma… Suora Babbo… Angelica… Francesca»: come perle di una collana emotiva le figure femminili della vita di Susanna sono tutte qui, tutte importanti, tutte decisive nelle varie fasi di un’esistenza difficile e tormentata, ma al contempo gioiosa e piena.

Una donna aiutata da donne che, ciascuna a suo modo, l’hanno salvata, non una ma tante volte: grazie al loro coraggio e alla loro forza Susanna ha potuto crescere, studiare, costruire una famiglia, dedicarsi agli altri e a un certo punto ritrovare se stessa e le sue origini. Questo momento è arrivato dopo la nascita di sua figlia Francesca, quando all’improvviso il buco nero del passato è riemerso alla memoria e l’ha condotta su un lungo percorso di ricerca, con il supporto del marito Pier Vittorio. Le testimonianze raccolte e i ricordi emersi in questo viaggio sono stati un bagaglio prezioso per Suriano, autore e regista dello spettacolo.

Lo spettacolo teatrale

La pièce che va in scena al teatro Camilleri di Santa Fiora è un monologo, dove l’attrice Arianna Ninchi interpreta tutti i ruoli, passando da Susanna (bambina, ragazza e poi adulta) alle suore del convento alle altre donne che hanno fatto parte della sua vita: tutto con naturale maestria, avvalendosi di semplici dettagli (un fazzoletto in testa, un gesto, l’inflessione dialettale) per dare voce a persone diverse. Passato e presente coesistono sul palco attraverso flashback con drammatici racconti della deportazione, inserti video e voci off, oltre alle note del violinista Haim Fabrizio Cipriani.

Suora Mamma e Suora Babbo va in scena il 2-3 febbraio al teatro Camilleri di Santa Fiora (Grosseto) e l’8 maggio al teatro Le Laudi di Firenze. Testo e regia di Francesco Suriano, interprete Arianna Ninchi.

nella foto di Guido Laudani, Arianna Ninchi durante le prove.

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