Non abbiamo più tempo. È urgente un cambio di paradigma del nostro stile di vita. Fraternità e ascolto sono i binari su cui dobbiamo avviarci prima della catastrofe. Non hanno usato giri di parole per raccontare la situazione attuale Enzo Bianchi e Carlin Petrini, sollecitati dal direttore di Famiglia Cristiana, Stefano Stimamiglio, domenica nel tardo pomeriggio nella cornice di Terra Madre, Salone del Gusto a Torino. Il confronto, promosso in collaborazione con il Festival dell’Accoglienza, tra «un uomo di fede» e «un uomo di fede nell’umano», come li ha presentati il direttore, era incentrato su «Cibo, Pace, Fraternità». Tre dimensioni che apparentemente potrebbero sembrare lontane, ma che mai come nel tempo attuale sono fortemente collegate, come hanno rimarcato i relatori.
Quest’anno Terra Madre aveva come tema «We are nature, noi siamo natura», ed è già qui tutto il senso, come ha ribadito papa Francesco nel suo messaggio indirizzato ai numerosi partecipanti alla manifestazione: «Mi rivolgo a contadini, allevatori, pastori, cuochi, pescatori e artigiani che da vent’anni fanno parte della rete di Terra Madre, e mi rivolgo anche a tutte quelle donne e quegli uomini che hanno a cuore il bene di questo Pianeta: tutto quello che ci circonda è un dono e noi abbiamo il dovere di rispettarlo e preservarlo. Vi invito a continuare a camminare insieme verso il percorso intrapreso: la vostra determinazione e il vostro esempio diverranno così simboli di vera speranza e stimoli determinanti nel costruire un mondo migliore».
Un mondo migliore a cui Terra Madre lavora da anni, e la cui edizione di quest’anno è dedicata a due «amici della comunità» uccisi nella guerra tra palestinesi e israeliani, il contadino israeliano Dror Hore e il palestinese Bilal Saleh, ammazzato mentre raccoglieva le olive. Petrini ha ammonito: «Siamo a rischio di estinzione se continuiamo a sfruttare la terra, la situazione è drammatica. Il principale imputato è il sistema alimentare mondiale, che produce il 37% di CO2, molto di più del 17% prodotto dal sistema della mobilità». Non ha usato mezzi termini per denunciare la superproduzione alimentare che vive il paradosso di accumulare cibo per sfamare 12 miliardi di persone, mentre noi siamo solo 8 miliardi, e poi 800 milioni di esseri umani non hanno di che cibarsi e ogni anno milioni di bambini muoiono per denutrizione. Il cambiamento deve iniziare dalla presa di coscienza che le risorse non sono infinite.
Petrini ha rimarcato che dobbiamo abbandonare la fase della rivoluzione industriale, che considera senza fine le risorse del pianeta, e intraprendere la transizione ecologica, dove «riciclare e rigenerare» sono due verbi da incarnare. Basta, allora, con il concetto di essere e sentirsi consumatori: è Bianchi a suggerire un gesto semplice ma efficace: «Entrate in un supermercato, guardate quante cose ci sono di cui non avete bisogno. Ne uscirete felici». L’antidoto al consumismo è la fraternità. Un tema a cui fratel Bianchi ha appena dedicato un libro (Fraternità – Einaudi editore). «Abbiamo realizzato grandi battaglie per la libertà e l’uguaglianza – ha ricordato – ottenendo buoni risultati, anche se ora, anche in Italia, viviamo forti disuguaglianze tra chi è molto ricco e chi è sempre più povero. Ma sulla fraternità è come se ce ne fossimo dimenticati». Ma si può combattere per la fraternità, si è domandato. Per Bianchi, «fratelli lo si diventa, non lo si è per nascita; la fraternità non è facile, occorre educare i figli fin da piccoli ad accogliere l’altro».
E un luogo dove si possono oggi vivere la fraternità e l’ascolto è la tavola. Ecco il terzo tema dell’incontro. Il cibo, ha ricordato Bianchi, è anche giustizia: «Dobbiamo rispettare la terra ed avere un cibo che sia frutto del lavoro giusto. Se incontrassi Mosè, gli direi che manca il comandamento: Ama la terra come te stesso!». Su cibo e giustizia è intervenuto ancora Petrini, riproponendo la questione del caporalato, che ha raggiunto anche le «sue» Langhe, ed ha invitato a non comprare i prodotti realizzati sfruttando le persone.
Tutto questo senza che la politica abbia compreso fino in fondo qual è la posta in gioco, ma con uno sguardo di speranza verso i giovani, consapevoli della situazione e, pur vivendola con sofferenza, sperimentano azioni virtuose. Tutto questo in un contesto che vede vari scenari di guerra, conflitti di cui non si vede la fine e non si intravede la soluzione.