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mercoledì 25 giugno 2025
 
Sant'Agostino/1
 

Vita e opere del cantore della grazia conquistato dalla bellezza

08/06/2025  Uomo inquieto, sempre in ricerca, sant’Agostino è compagno dei cercatori di senso di ogni epoca, compresa la nostra. Pensava Dio come oggetto di conquista dell’intelligenza. Ma alla fine si arrende all’amore di Dio che lo precede e trova la pace del cuore

Più volte papa Leone XIV si è definito «figlio di sant’Agostino». Chi era Agostino? Cosa ha scritto e quale eredità spirituale lascia oggi? Vi proponiamo un viaggio in quattro puntate pubblicato su Credere n. 28/2018
per scoprire più da vicino questo gigante della storia della Chiesa e la sua spiritualità che segna profondamente quella del Pontefice americano.

di fratel Michael Davide Semeraro

Nato a Tagaste in Africa nel 354, da madre cristiana e padre pagano, Agostino, dopo travagliate vicissitudini, approda alla fede cristiana nel 386. Divenuto vescovo di Ippona (nell’attuale Algeria), si dedicò assiduamente all’impegno pastorale, alla predicazione e alla redazione di scritti teologici di ogni genere. Fili rossi della sua vasta produzione teologica sono il primato della grazia e la carità come forma di obbedienza al Vangelo

Il piacere di essere amato

Nelle Confessioni lo stesso Agostino condivide con i suoi lettori una sorta di autobiografia psico-spirituale. Quello di Agostino è un cammino dall’amore all’Amore. Infatti egli stesso scrive, ritornando alla sua giovinezza: «Unico mio piacere era di amare e di essere amato» (II,2,2). Uomo inquieto e insoddisfatto, ha saputo non solo cercare, ma per­sino retti­ficare ciò che aveva trovato diventando così un compagno di strada per i cercatori di senso di ogni epoca, non esclusa la nostra. Di delusione in delusione e di errore in errore arrivò a conoscersi, riconoscendosi indigente e aprendosi così alla grazia che tutto sa rinnovare e nobilitare. Aveva e avrebbe voluto fare di Dio l’oggetto di una conquista dell’intelligenza, ma invano! Si arrese così all’amore e trovò la pace, che seppe condividere con tutti.

Dall'inquieta ricerca alla pace interiore

Possidio, discepolo a amico del vescovo Agostino, ne fu anche il primo biografo e ne parla in questi termini: «Questo memorabile uomo, membro esimio del corpo del Signore, era sempre sollecito e vigilantissimo per il bene di tutta la Chiesa… Scrisse e pubblicò tante opere; sostenne tante dispute nella Chiesa; egli stesso raccolse e ordinò i suoi scritti, sia quelli contro gli eretici, sia i commenti ai libri sacri per l’edi­ficazione dei santi ­figli della Chiesa. Il più forte studioso appena può leggerli e prenderne conoscenza» (Vita, XVIII).

Agostino nacque a Tagaste, nella Numidia (Algeria), il 13 novembre del 354. In questa terra latina egli sarà un romano d’Africa e la sua sarà la Chiesa di Tertulliano e di Cipriano. Ben poco orientale, sarà sempre e solo un latino tanto da odiare il greco, che non giunse mai a padroneggiare. Sua madre Monica era cristiana, mentre suo padre Patrizio era pagano, anche se la dolcezza e l’esempio della moglie lo indurranno ad accettare di essere ascritto tra i catecumeni ed essere battezzato sul letto di morte. Agostino era di condizione sociale abbastanza modesta e con risorse limitate. Intorno al 361 fu mandato alla scuola di Tagaste. Ma una strana malattia verso i 12 anni lo indusse a chiedere il Battesimo, che la guarigione differì ulteriormente. I suoi studi dovettero essere interrotti per un anno nel 369-370, a motivo della mancanza di risorse da parte del padre, e risale a quest’anno la storia del furto delle pere (Confessioni, II,4,9) e il commento sull’ingresso nel circolo del peccato: «vergogna di avere vergogna» (II,9,17). Nel 370 lo troviamo a Cartagine per continuare gli studi ed è il momento della morte del padre che rende Agostino capofamiglia e completamente alla mercé dalle sue passioni giovanili, sempre condivise con gli amici, che non gli mancheranno mai: nel male e nel bene.

Dopo un tempo di frequenza dei circoli manichei e la grande delusione dell’incontro personale con il loro eroe, Fausto, e dopo nove anni di professorato a Cartagine ecco che – ingannando sua madre, che non acconsentiva alla sua partenza – partì per Roma alla ricerca di alunni più disciplinati e di orizzonti più larghi. A Roma non trovò una situazione tanto migliore a livello scolastico, ma in­fine riuscì – usando le sue conoscenze nel circolo manicheo – a essere inviato a Milano come maestro di retorica ed è là che ci fu il grande incontro con il vescovo Ambrogio. Nel 385 a Milano giunge Monica, molto ammirata da Ambrogio. Agostino vive in compagnia di alcuni amici – Alipio e Nebridio – e sua madre cerca in tutti i modi di farlo sposare, dopo avergli fatto rimandare in Africa la donna da cui aveva avuto un ­figlio, Adeodato, che resterà con Agostino. Nel 386 l’assidua frequenza della predicazione di Ambrogio, la lettura di Plotino nella traduzione di Mario Vittorino e la lettura di san Paolo gli faranno fare il salto dal manicheismo all’adesione piena alla fede cristiana. Ormai tutto era pronto per la conversione: nell’agosto 386, mentendo sulla sua salute, Agostino lascia la sua occupazione di insegnante per ritirarsi nella proprietà dell’amico Verecondo a Cassiciaco con sua madre, l’amatissimo ­figlio Adeodato e l’amico Alipio.

Alla fi­ne dell’inverno Agostino tornò a Milano per dare il suo nome per il Battesimo, che ricevette nella notte tra il 24 e il 25 aprile del 387 – all’età di 33 anni e per le mani di Ambrogio – insieme al fi­glio Adeodato e all’amico Alipio. Mentre la madre Monica morì ad Ostia in viaggio verso l’Africa, Agostino tornò in patria nell’autunno del 388. Si fermò a Tagaste, suo paese natale, dove assieme ad alcuni amici visse monasticamente, insieme al ­figlio Adeodato che morì – a sedici anni – nel 389. Nella quiete monastica Agostino cominciò a scrivere le sue prime opere, con­fidando di poter godere a lungo di questa pace, che invece sarebbe stata interrotta dalla chiamata al servizio del popolo di Dio. Infatti, il vecchio vescovo Valerio aveva bisogno di un prete che lo aiutasse soprattutto nella predicazione e così la scelta cadde su Agostino, a cui però il vescovo donò un giardino in cui potersi ritirare; e acconsentì a dargli un anno di tempo da dedicare allo studio delle Scritture. Quattro anni più tardi lo consacrò vescovo coadiutore con diritto di successione e difatti ciò avvenne nel 396 da quando egli fu vescovo della piccola città di Ippona.

Come vescovo non ebbe certamente vita tranquilla: sinodi, concili, opere scritte, sermoni. Si contano 50 viaggi fatti da lui e, soprattutto nella cura diretta del suo popolo, ci fu la lotta – che accompagnò tutta la sua vita – contro tre temibili avversari: manichei (395-399), donatisti (393-420), pelagiani (411 ­fino alla morte). Nel 426 Agostino fece approvare dal popolo di Ippona la designazione a suo successore del prete Eraclio. Nel 426-427 il vecchio vescovo intraprese la revisione di tutti i suoi scritti (Retractationes) e, ormai malato, fu costretto a rimanere a letto mentre i Vandali assediavano Ippona. Domandò di poter «rimanere solo con Dio». Dieci giorni dopo morì: era il 28 agosto 430.

 

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