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Il 17 giugno la Cassazione ha disposto un processo d'appello bis per un ex sindacalista accusato di abusi su una hostess che era stato assolto perché lei in "30 secondi" avrebbe potuto opporsi al suo palpeggiamento. Il commento di Telefono donna Italia.
di Stefania Bartoccetti, Fondatrice di Telefono Donna Italia
Qual è il tempo necessario ad un gesto, un’azione, una parola, nei confronti di una donna affinché questi possano essere definiti “maltrattamento”? Come si misura, in secondi, minuti o, addirittura, ore?
Noi di Telefono Donna Italia, che ci occupiamo quotidianamente di maltrattamenti, abbiamo come parametro di riferimento l’anti-tempo, una sorta di Minority Report contro la violenza. Non dovremmo mai tener conto dello scorrere del tempo, semplicemente perché non è e non può essere l’unità di misura della violenza. Per noi, centro antiviolenza, è chiara la questione, così chiara che non ce ne occupiamo proprio. Se, drammaticamente, il fatto accade, sappiamo già qual è l’ordine di grandezza: basta un attimo di maltrattamento che la misura è già colma.
Ci occupiamo anche di prevenire il maltrattamento e intervenire sugli abusi. È proprio questo l’unico momento nel quale ci misuriamo col tempo, ma in questi termini: quanti anni impiegherà la donna maltrattata a riprendere nelle proprie mani la sua vita violata? Quante ore d’angoscia ha passato e passerà la donna che ha vissuto un clima tossico? Quanti secondi ha trascorso a rivedere nella propria mente le immagini di ciò che ha subito?


Quando i media, a febbraio, hanno riportato la notizia che un uomo accusato di abusi su una donna era stato assolto perché, secondo i giudici, “lei in trenta secondi avrebbe potuto opporsi”, ci è sembrata una spiegazione non soltanto inaccettabile, ma anche incomprensibile. Perché il concetto di tempo veniva preso in considerazione in un processo per maltrattamenti? Ancora peggio: come poteva essere il fattore scagionante a un’accusa di violenza? Non aveva senso, non c’entrava; non sono argomenti assimilabili.
Abbiamo colto con sollievo e piacere la sentenza della Cassazione che ha disposto un nuovo processo nei confronti dell’uomo. Una sentenza, quella del giudice di legittimità, che ha sottolineato alcuni aspetti fondamentali per Telefono Donna Italia, e che, questa vicenda ci insegna, non dovremmo dare per scontati. Come il fatto che il "ritardo nella reazione" della vittima, così come quella della “manifestazione del dissenso", è "irrilevante ai fini della configurazione della violenza sessuale".
Siamo felici che la giurisprudenza abbia finalmente dato una risposta efficace e netta a questa donna, prendendo una posizione altrettanto forte e chiara nei confronti della violenza di genere. Tuttavia, deve farci anche riflettere: com’è stato possibile che prima della Cassazione, addirittura due Tribunali avessero potuto assolvere il maltrattante per una questione legata allo scorrere del tempo? In quale vulnus i giudici di quei processi erano precipitati per non separare il concetto di tempo da quello di violenza?
Ecco, prendiamo la buona sentenza della Cassazione e la estendiamo a tutte le altre possibili cause processuali: ogni Giudice ne tenga conto. La giustizia non può permettersi di veicolare messaggi che sminuiscano le vittime, né tantomeno di legittimare la percezione che esistano abusi “minori” perché brevi. Ogni maltrattamento deve essere trattato con la dovuta serietà, sensibilità e competenza. Perché al centro della violenza rimane sempre la sofferenza di una donna che non può essere ridicolizzata da originali versioni giuridiche.



