Se ne è andato Salvatore Licitra, uno dei più noti e popolari tenori italiani, in circolazione ormai da un quindicennio. Allievo di Carlo Bergonzi, che ne aveva subito intuito le non comuni potenzialità, captandone la bellezza del timbro e la robustezza dei mezzi vocali, Licitra entrò in attività dalla porta principale: il Regio di Parma e l’Arena di Verona. Il Metropolitan e il Covent Garden furono altrettante tappe di fortunati esordi, non escluso quello della Scala.
Il
Il salto di qualità, commerciale prima ancora che artistico, giunse la sera in cui fu chiamato all’ultimo momento a sostituire Pavarotti in Tosca al Metropolitan. Una standing ovation di 46 secondi lo proclamò, manco a dirlo, il “nuovo Pavarotti”. In realtà, dell’ambìto modello Licitra non aveva molto, salvo il generoso calore timbrico e una spavalderia tutta tenorile, che lo portarono ad affrontare con fin troppa facilità ed esiti piuttosto altalenanti una serie di ostacoli (Trovatore e Forza del destino, Ballo in maschera e Aida) che ne misero a dura prova l’omogenea saldezza dello strumento e le risorse del registro acuto.
In ultima analisi, ascoltando Licitra si ha l’impressione di una grande promessa solo in parte mantenuta, ma ciò non gli ha mai fatto venire meno il plauso delle platee e l’entusiasmo dei loggioni, attratti irresistibilmente – e le varie incisioni fonografiche testimoniano questi innegabili pregi – dalla bellezza di una voce schiettamente italiana e dallo slancio con il quale veniva generosamente esibita.
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Il salto di qualità, commerciale prima ancora che artistico, giunse la sera in cui fu chiamato all’ultimo momento a sostituire Pavarotti in Tosca al Metropolitan. Una standing ovation di 46 secondi lo proclamò, manco a dirlo, il “nuovo Pavarotti”. In realtà, dell’ambìto modello Licitra non aveva molto, salvo il generoso calore timbrico e una spavalderia tutta tenorile, che lo portarono ad affrontare con fin troppa facilità ed esiti piuttosto altalenanti una serie di ostacoli (Trovatore e Forza del destino, Ballo in maschera e Aida) che ne misero a dura prova l’omogenea saldezza dello strumento e le risorse del registro acuto.
In ultima analisi, ascoltando Licitra si ha l’impressione di una grande promessa solo in parte mantenuta, ma ciò non gli ha mai fatto venire meno il plauso delle platee e l’entusiasmo dei loggioni, attratti irresistibilmente – e le varie incisioni fonografiche testimoniano questi innegabili pregi – dalla bellezza di una voce schiettamente italiana e dallo slancio con il quale veniva generosamente esibita.


