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Com’è finito l’affare della Corte Costituzionale? Mi chiede una vicina al mercato. Non è finito, rispondo. Poi ci rifletto. L’affare, ha detto: ha ragione. E’ domenica 28 settembre, mentre scrivo. Il 30, l’ennesima votazione. Nei giorni della farsa delle ‘elezioni’ per le Province.
Comunque vada, è stata una brutta storia. Una trattativa tra i partiti, un accordo che ne contenta gli attuali equilibri per una prova di forza del Governo trasformatasi nell’evidenza della sua debolezza. Colpisce soprattutto il danno alle istituzioni: un po’ come quegli sciagurati che abbattono a colpi di martello statue e monumenti antichi, noi demoliamo conquiste civili fondamentali. La Corte Costituzionale è una di queste, sebbene la cittadinanza stanca sembri averlo dimenticato. Vi si decide della conformità delle leggi alla Costituzione, dei conflitti di attribuzione tra poteri dello Stato e di quelli tra Stato e Regioni e tra le Regioni, oltre che sulle accuse contro il Presidente della Repubblica.
Tra tante decisioni importanti, in ogni materia, rammentiamo quelle sui diritti civili, la legge elettorale, le norme ad personam, il codice penale e la procedura. Un organo di garanzia essenziale per la Repubblica, che ha cambiato lo statuto dei cittadini e preservato la democrazia nel mutare dei tempi. I costituenti vollero, per questo ruolo, i migliori giuristi tra magistrati, professori e avvocati, nominati dal Presidente della Repubblica, dal Parlamento e dai vertici delle magistrature. Persone competenti, autorevoli e indipendenti. Ma ecco che gli accordi politici propongono uomini che evidentemente non hanno questi requisiti, sono palesemente di parte. Il Parlamento non li vuole, i promotori dell’affare premono. Danno martellate alla Corte.
Comunque vada, è stata una brutta storia. Una trattativa tra i partiti, un accordo che ne contenta gli attuali equilibri per una prova di forza del Governo trasformatasi nell’evidenza della sua debolezza. Colpisce soprattutto il danno alle istituzioni: un po’ come quegli sciagurati che abbattono a colpi di martello statue e monumenti antichi, noi demoliamo conquiste civili fondamentali. La Corte Costituzionale è una di queste, sebbene la cittadinanza stanca sembri averlo dimenticato. Vi si decide della conformità delle leggi alla Costituzione, dei conflitti di attribuzione tra poteri dello Stato e di quelli tra Stato e Regioni e tra le Regioni, oltre che sulle accuse contro il Presidente della Repubblica.
Tra tante decisioni importanti, in ogni materia, rammentiamo quelle sui diritti civili, la legge elettorale, le norme ad personam, il codice penale e la procedura. Un organo di garanzia essenziale per la Repubblica, che ha cambiato lo statuto dei cittadini e preservato la democrazia nel mutare dei tempi. I costituenti vollero, per questo ruolo, i migliori giuristi tra magistrati, professori e avvocati, nominati dal Presidente della Repubblica, dal Parlamento e dai vertici delle magistrature. Persone competenti, autorevoli e indipendenti. Ma ecco che gli accordi politici propongono uomini che evidentemente non hanno questi requisiti, sono palesemente di parte. Il Parlamento non li vuole, i promotori dell’affare premono. Danno martellate alla Corte.



