Si sono susseguiti i casi di vari pazienti affetti da malattie incurabili per i quali, in questi giorni, è stato fatto un appello affinché non fossero abbandonate le cure a base di cellule staminali applicate secondo il metodo Stamina presso gli Ospedali Civili di Brescia.
L’ultimo, in ordine di tempo, il caso di F., il bimbo fanese di 26 mesi affetto dal morbo di Krabbe, una gravissima leucodistrofia che causa paralisi progressiva. Il giudice del lavoro di Pesaro aveva disposto cure alternative in una delle 13 “Cell Factory” italiane autorizzate dal Ministero e accreditate in base al rispetto della normativa vigente. Questa volta l’appello è partito dal sindaco di Fano, Stefano Aguzzi, che si è rivolto al presidente del Tribunale di Pesaro Mario Perfetti e al procuratore della Repubblica Manfredi Palumbo, affinché si tenesse conto della volontà dei genitori di F. di proseguire le cure.
La controversia che ha riguardato negli ultimi mesi anche altri pazienti ha avuto origine dagli accertamenti dello scorso anno effettuati dall'Aifa (Agenzia italiana del farmaco) sulla Stamina Foundation, che avevano messo in luce rischi biologici connessi alle terapie incompatibili con le applicazioni delle norme di manipolazione e sicurezza, ma anche dei più elementari standard di indagine di laboratorio. Tutto ciò ha portato al blocco delle terapie. «A F. - si legge nell’ultimo appello del sindaco di Fano - deve essere garantita entro pochissimi giorni una trasfusione urgente di cellule staminali prodotte con metodo Stamina presso gli Ospedali di Brescia, unica cura 'efficace e poco invasiva' per le sue condizioni "drammatiche"».
La scorsa settimana aveva ottenuto il permesso per la terapia con la stessa procedura Salvatore Bonavita, 39 anni, affetto da sindrome di Niemann-Pick, una malattia neurodegenerativa, per cui il padre Luigi si era rivolto alla magistratura. Il giudice del lavoro Mauro Mollo, in quel caso, ha autorizzato le cure compassionevoli, riconoscendo l'evidenza dei miglioramenti ottenuti da Salvatore in seguito al primo ciclo, ma solo in una struttura autorizzata dal Ministero. Così il Tribunale di Torino ha ordinato agli Spedali Civili di Brescia di individuare un laboratorio di produzione di cellule staminali regolarmente autorizzato e alla Stamina Foundation di fornire a tale laboratorio le conoscenze e il personale competente a trattare le staminali secondo la propria metodologia.
Secondo il Ministero della Salute, l'attivazione di questo tipo di percorso è una concreta opportunità anche per gli altri casi in cui i giudici hanno posto come condizione che la produzione di cellule staminali avvenga in laboratori autorizzati.
Infine, la cronaca ha portato alla luce il caso della piccola Sofia, la bambina fiorentina di tre anni e mezzo colpita da leucodistrofia metacromatica sul quale è intervenuto direttamente il ministro della Salute Renato Balduzzi. Dopo, infatti, il drammatico appello dei suoi genitori che ha commosso l’Italia, si era arrivati in prima battuta all’ottenimento della possibilità di curare la bambina con cellule staminali soltanto in una struttura autorizzata dall'Aifa.
Ma la questione si è risolta definitivamente solo in questi ultimi due giorni: i genitori volevano che venisse trattata unicamente con il metodo Stamina Foundation, dichiarando di possedere una documentazione medica che attestava l'inefficacia di altre cellule su malattie neurodegenerative come quella di Sofia. E così è arrivata l’autorizzazione: Sofia è stata sottoposta alla seconda infusione di staminali a Brescia, come avevano chiesto i genitori. Per il ministro della Salute Renato Balduzzi, «quanto è stato fatto concilia il rispetto delle norme e delle sentenze della magistratura con la situazione eccezionale nella quale si trova la bambina». Balduzzi ha aggiunto, inoltre, che «si tratta di quella soluzione concreta che, incontrando i genitori di Sofia mi ero impegnato a favorire entro sette giorni».
Ma la vicenda non si è ancora conclusa, purtroppo. Il ministro Balduzzi aveva acconsentito a proseguire la terapia soltanto in una delle 13 “officine cellulari” autorizzate da Aifa, e così l’Azienda ospedaliera si era attivata presso la struttura dell’Ospedale Maggiore di Milano e la Stamina Foundation. Ma, in pratica, Aifa e Ministero della Salute non hanno ancora fornito agli Spedali Civili di Brescia gli strumenti legali né sanitari per bypassare il blocco del giudice fiorentino.
Il direttore generale dell'ospedale di Brescia Ermanna Derelli ha parlato di un’assunzione di responsabilità di tipo morale nei confronti della piccola paziente. «Resta fermo - ha scritto Derelli - che tale impegno dell'azienda è limitato al caso di Sofia e limitatamente alla seconda infusione. Si precisa che detta scelta non potrà riguardare altri casi o le successive infusioni per Sofia, in mancanza di precise e formali decisioni delle Autorità sanitarie e/o giudiziarie, che autorizzino o impongano la somministrazione della terapia con cellule non prodotte in cell factories autorizzate».
«Il 10 dicembre 2012 abbiamo sottoscritto il consenso informato per un ciclo di 5 infusioni. Vogliamo che sia rispettato quell’accordo», è invece la risposta di Caterina e Guido, genitori di Sofia.
Le polemiche sollevate intorno al caso della piccola Sofia sono state, però, molto aspre ed hanno coinvolto personaggi pubblici come Adriano Celentano che, sulle pagine del Corriere della Sera, aveva duramente criticato le disposizioni del Ministero, ed altri come Rosario Fiorello e Leonardo Pieraccioni che si sono fatti portavoce delle richieste dei genitori della bambina.
Il ministro Balduzzi si è però difeso con forza invocando il rispetto delle regole e della legalità. «C’è una costante attenzione da parte del Ministero sulla validazione scientifica di certe terapie e di ciò che bisogna fare affinché un metodo possa diventare una cura standard», ha puntualizzato. «Non è il Ministero a decidere se una terapia deve essere interrotta oppure no: nei mesi scorsi l'Aifa ha effettuato accertamenti ed ispezioni, mentre la magistratura ha aperto alcune inchieste sul caso della Stamina Foundation. E questi risultati hanno detto che il trattamento al quale era sottoposta Sofia era dannoso per la sua salute. Per questo la cura è stata interrotta».
La replica alle varie accuse ricevute è passata anche da un lungo messaggio sulla pagina personale di Facebook del ministro (https://www.facebook.com/balduzzi.renato), dove si legge: «Il caso di Sofia e dei bambini che hanno già avuto una prima infusione di cellule prodotte da Stamina è un caso del tutto particolare: con i genitori di Sofia e il loro legale abbiamo esaminato una serie di possibilità e concordato un percorso per trovare una soluzione concreta in tempi brevissimi, per venire incontro alla volontà e alle necessità della famiglia di continuare le infusioni …. Permettetemi però alcune precisazioni su molte delle cose che sono state dette, impropriamente, su questo caso, sia in tv che sui giornali e sui social network. Come ministro non ho il potere di far riprendere alcuna terapia con un tratto di penna, interferendo con le decisioni dell’autorità giudiziaria. L'atto dell'Aifa di bloccare le attività di Stamina presso gli Spedali civili di Brescia è un atto dovuto, e non certo perché ci sono delle irregolarità burocratiche … Nessuno sta facendo una guerra alle terapie staminali, che sono la frontiera della medicina di oggi e una grande speranza contro malattie terribili, e il Ministero è in prima linea nel supporto alla ricerca. In Italia ci sono numerose possibilità terapeutiche con le staminali ragionevolmente sicure e per questo già accessibili anche quando non hanno concluso l’iter delle sperimentazioni … Non c'è nessuna persecuzione nei confronti di Stamina e dei suoi responsabili. Le inchieste dei magistrati faranno il loro corso e fino a prova contraria vale la presunzione di innocenza. Ugualmente, il metodo Stamina va sperimentato e comprovato scientificamente e i suoi responsabili hanno il diritto e il dovere di farlo….L'accesso alle cure compassionevoli è un diritto di civiltà, ma anche i malati gravissimi, anche i malati terminali vanno difesi nella loro dignità: nessuno deve usarli come cavie, nessuno deve dare loro false speranze».
Dunque, il desiderio del ministro Balduzzi di chiarire la sua posizione nell’episodio è stato molto alto e, nella pagina Facebook, ha concluso dicendo: «sono stato attaccato anche violentemente da più parti e accusato di cose atroci in questi giorni. Ma mentre tanti strumentalizzavano Sofia per fare clamore mediatico o politico, facendo cattiva informazione sul caso e disinformando anche tanti di voi che giustamente vi siete sentiti in dovere di alzare la voce in difesa di Sofia, noi stavamo lavorando in silenzio per difendere lei e tutti quelli che soffrono come lei. Spero che lo abbiano capito i suoi genitori, che ringrazio ancora per ieri. Il resto non conta».
Chiediamo a Assuntina Morresi, membro del Comitato Nazionale di Bioetica e consulente Aifa, un commento su questa delicata e complessa vicenda. «Le cosiddette "cure Stamina" non sono validate scientificamente secondo i protocolli stabiliti, che non sono, lo sottolineo, un aggravio burocratico ma la garanzia per il paziente che quelle terapie siano efficaci o almeno non pericolose», precisa. «Si aggiunga il fatto che i risultati di questi trattamenti non sono stati resi pubblici, e che le due ispezioni ministeriali e Aifa hanno riscontrato irregolarità nella gestione in laboratorio di queste procedure. Irregolarità non formali, ma sostanziali, che possono mettere a rischio la salute del paziente».
C'è dachiedersi se si poteva evitare questa situazione? «Credo che il Ministro Balduzzi si sarebbe dovuto attivare prima nella gestione della delicata vicenda, che ha presentato delle falle se si è arrivati a questo punto, a partire dal dialogo con le famiglie. Al tempo stesso, ritengo che i giudici coinvolti che hanno dato il loro consenso alle cure dovrebbero limitarsi a fare il loro mestiere, e, interpellati, tenere conto delle evidenze scientifiche, senza avallare nuovi “casi di Bella”, come invece, a mio avviso, stanno facendo. Ci tengo però a far presente che questo è anche il risultato di un’esasperazione del principio di autodeterminazione del paziente: se i desideri del paziente devono prevalere sulla professionalità e competenza medica, perché rifiutare queste terapie a famiglie già duramente provate dalla malattia, che non hanno altre speranze? I paladini della “volontà del paziente innanzitutto” dovrebbero farsi un esame di coscienza».
L’ultimo, in ordine di tempo, il caso di F., il bimbo fanese di 26 mesi affetto dal morbo di Krabbe, una gravissima leucodistrofia che causa paralisi progressiva. Il giudice del lavoro di Pesaro aveva disposto cure alternative in una delle 13 “Cell Factory” italiane autorizzate dal Ministero e accreditate in base al rispetto della normativa vigente. Questa volta l’appello è partito dal sindaco di Fano, Stefano Aguzzi, che si è rivolto al presidente del Tribunale di Pesaro Mario Perfetti e al procuratore della Repubblica Manfredi Palumbo, affinché si tenesse conto della volontà dei genitori di F. di proseguire le cure.
La controversia che ha riguardato negli ultimi mesi anche altri pazienti ha avuto origine dagli accertamenti dello scorso anno effettuati dall'Aifa (Agenzia italiana del farmaco) sulla Stamina Foundation, che avevano messo in luce rischi biologici connessi alle terapie incompatibili con le applicazioni delle norme di manipolazione e sicurezza, ma anche dei più elementari standard di indagine di laboratorio. Tutto ciò ha portato al blocco delle terapie. «A F. - si legge nell’ultimo appello del sindaco di Fano - deve essere garantita entro pochissimi giorni una trasfusione urgente di cellule staminali prodotte con metodo Stamina presso gli Ospedali di Brescia, unica cura 'efficace e poco invasiva' per le sue condizioni "drammatiche"».
La scorsa settimana aveva ottenuto il permesso per la terapia con la stessa procedura Salvatore Bonavita, 39 anni, affetto da sindrome di Niemann-Pick, una malattia neurodegenerativa, per cui il padre Luigi si era rivolto alla magistratura. Il giudice del lavoro Mauro Mollo, in quel caso, ha autorizzato le cure compassionevoli, riconoscendo l'evidenza dei miglioramenti ottenuti da Salvatore in seguito al primo ciclo, ma solo in una struttura autorizzata dal Ministero. Così il Tribunale di Torino ha ordinato agli Spedali Civili di Brescia di individuare un laboratorio di produzione di cellule staminali regolarmente autorizzato e alla Stamina Foundation di fornire a tale laboratorio le conoscenze e il personale competente a trattare le staminali secondo la propria metodologia.
Secondo il Ministero della Salute, l'attivazione di questo tipo di percorso è una concreta opportunità anche per gli altri casi in cui i giudici hanno posto come condizione che la produzione di cellule staminali avvenga in laboratori autorizzati.
Infine, la cronaca ha portato alla luce il caso della piccola Sofia, la bambina fiorentina di tre anni e mezzo colpita da leucodistrofia metacromatica sul quale è intervenuto direttamente il ministro della Salute Renato Balduzzi. Dopo, infatti, il drammatico appello dei suoi genitori che ha commosso l’Italia, si era arrivati in prima battuta all’ottenimento della possibilità di curare la bambina con cellule staminali soltanto in una struttura autorizzata dall'Aifa.
Ma la questione si è risolta definitivamente solo in questi ultimi due giorni: i genitori volevano che venisse trattata unicamente con il metodo Stamina Foundation, dichiarando di possedere una documentazione medica che attestava l'inefficacia di altre cellule su malattie neurodegenerative come quella di Sofia. E così è arrivata l’autorizzazione: Sofia è stata sottoposta alla seconda infusione di staminali a Brescia, come avevano chiesto i genitori. Per il ministro della Salute Renato Balduzzi, «quanto è stato fatto concilia il rispetto delle norme e delle sentenze della magistratura con la situazione eccezionale nella quale si trova la bambina». Balduzzi ha aggiunto, inoltre, che «si tratta di quella soluzione concreta che, incontrando i genitori di Sofia mi ero impegnato a favorire entro sette giorni».
Ma la vicenda non si è ancora conclusa, purtroppo. Il ministro Balduzzi aveva acconsentito a proseguire la terapia soltanto in una delle 13 “officine cellulari” autorizzate da Aifa, e così l’Azienda ospedaliera si era attivata presso la struttura dell’Ospedale Maggiore di Milano e la Stamina Foundation. Ma, in pratica, Aifa e Ministero della Salute non hanno ancora fornito agli Spedali Civili di Brescia gli strumenti legali né sanitari per bypassare il blocco del giudice fiorentino.
Il direttore generale dell'ospedale di Brescia Ermanna Derelli ha parlato di un’assunzione di responsabilità di tipo morale nei confronti della piccola paziente. «Resta fermo - ha scritto Derelli - che tale impegno dell'azienda è limitato al caso di Sofia e limitatamente alla seconda infusione. Si precisa che detta scelta non potrà riguardare altri casi o le successive infusioni per Sofia, in mancanza di precise e formali decisioni delle Autorità sanitarie e/o giudiziarie, che autorizzino o impongano la somministrazione della terapia con cellule non prodotte in cell factories autorizzate».
«Il 10 dicembre 2012 abbiamo sottoscritto il consenso informato per un ciclo di 5 infusioni. Vogliamo che sia rispettato quell’accordo», è invece la risposta di Caterina e Guido, genitori di Sofia.
Le polemiche sollevate intorno al caso della piccola Sofia sono state, però, molto aspre ed hanno coinvolto personaggi pubblici come Adriano Celentano che, sulle pagine del Corriere della Sera, aveva duramente criticato le disposizioni del Ministero, ed altri come Rosario Fiorello e Leonardo Pieraccioni che si sono fatti portavoce delle richieste dei genitori della bambina.
Il ministro Balduzzi si è però difeso con forza invocando il rispetto delle regole e della legalità. «C’è una costante attenzione da parte del Ministero sulla validazione scientifica di certe terapie e di ciò che bisogna fare affinché un metodo possa diventare una cura standard», ha puntualizzato. «Non è il Ministero a decidere se una terapia deve essere interrotta oppure no: nei mesi scorsi l'Aifa ha effettuato accertamenti ed ispezioni, mentre la magistratura ha aperto alcune inchieste sul caso della Stamina Foundation. E questi risultati hanno detto che il trattamento al quale era sottoposta Sofia era dannoso per la sua salute. Per questo la cura è stata interrotta».
La replica alle varie accuse ricevute è passata anche da un lungo messaggio sulla pagina personale di Facebook del ministro (https://www.facebook.com/balduzzi.renato), dove si legge: «Il caso di Sofia e dei bambini che hanno già avuto una prima infusione di cellule prodotte da Stamina è un caso del tutto particolare: con i genitori di Sofia e il loro legale abbiamo esaminato una serie di possibilità e concordato un percorso per trovare una soluzione concreta in tempi brevissimi, per venire incontro alla volontà e alle necessità della famiglia di continuare le infusioni …. Permettetemi però alcune precisazioni su molte delle cose che sono state dette, impropriamente, su questo caso, sia in tv che sui giornali e sui social network. Come ministro non ho il potere di far riprendere alcuna terapia con un tratto di penna, interferendo con le decisioni dell’autorità giudiziaria. L'atto dell'Aifa di bloccare le attività di Stamina presso gli Spedali civili di Brescia è un atto dovuto, e non certo perché ci sono delle irregolarità burocratiche … Nessuno sta facendo una guerra alle terapie staminali, che sono la frontiera della medicina di oggi e una grande speranza contro malattie terribili, e il Ministero è in prima linea nel supporto alla ricerca. In Italia ci sono numerose possibilità terapeutiche con le staminali ragionevolmente sicure e per questo già accessibili anche quando non hanno concluso l’iter delle sperimentazioni … Non c'è nessuna persecuzione nei confronti di Stamina e dei suoi responsabili. Le inchieste dei magistrati faranno il loro corso e fino a prova contraria vale la presunzione di innocenza. Ugualmente, il metodo Stamina va sperimentato e comprovato scientificamente e i suoi responsabili hanno il diritto e il dovere di farlo….L'accesso alle cure compassionevoli è un diritto di civiltà, ma anche i malati gravissimi, anche i malati terminali vanno difesi nella loro dignità: nessuno deve usarli come cavie, nessuno deve dare loro false speranze».
Dunque, il desiderio del ministro Balduzzi di chiarire la sua posizione nell’episodio è stato molto alto e, nella pagina Facebook, ha concluso dicendo: «sono stato attaccato anche violentemente da più parti e accusato di cose atroci in questi giorni. Ma mentre tanti strumentalizzavano Sofia per fare clamore mediatico o politico, facendo cattiva informazione sul caso e disinformando anche tanti di voi che giustamente vi siete sentiti in dovere di alzare la voce in difesa di Sofia, noi stavamo lavorando in silenzio per difendere lei e tutti quelli che soffrono come lei. Spero che lo abbiano capito i suoi genitori, che ringrazio ancora per ieri. Il resto non conta».
Chiediamo a Assuntina Morresi, membro del Comitato Nazionale di Bioetica e consulente Aifa, un commento su questa delicata e complessa vicenda. «Le cosiddette "cure Stamina" non sono validate scientificamente secondo i protocolli stabiliti, che non sono, lo sottolineo, un aggravio burocratico ma la garanzia per il paziente che quelle terapie siano efficaci o almeno non pericolose», precisa. «Si aggiunga il fatto che i risultati di questi trattamenti non sono stati resi pubblici, e che le due ispezioni ministeriali e Aifa hanno riscontrato irregolarità nella gestione in laboratorio di queste procedure. Irregolarità non formali, ma sostanziali, che possono mettere a rischio la salute del paziente».
C'è dachiedersi se si poteva evitare questa situazione? «Credo che il Ministro Balduzzi si sarebbe dovuto attivare prima nella gestione della delicata vicenda, che ha presentato delle falle se si è arrivati a questo punto, a partire dal dialogo con le famiglie. Al tempo stesso, ritengo che i giudici coinvolti che hanno dato il loro consenso alle cure dovrebbero limitarsi a fare il loro mestiere, e, interpellati, tenere conto delle evidenze scientifiche, senza avallare nuovi “casi di Bella”, come invece, a mio avviso, stanno facendo. Ci tengo però a far presente che questo è anche il risultato di un’esasperazione del principio di autodeterminazione del paziente: se i desideri del paziente devono prevalere sulla professionalità e competenza medica, perché rifiutare queste terapie a famiglie già duramente provate dalla malattia, che non hanno altre speranze? I paladini della “volontà del paziente innanzitutto” dovrebbero farsi un esame di coscienza».


