Suoi cent'anni dalla nascita di don Oreste Benzi ubblichiamo l'intervista di Credere n.  35/2025 datato 31 agosto  a Elisabetta Casadei, postulatrice della causa di beatificazione e docente di Filosofia all’Istituto di scienze religiose “Alberto Marvelli” di Rimini. 

Chi era don Oreste Benzi? A 100 anni dalla sua nascita, il 7 settembre 1925 a Rimini, è lecito chiedersi che profilo avesse il sacerdote dalla tonaca lisa, fondatore della Comunità Papa Giovanni XXIII. L’associazione oggi è diffusa in tutto il mondo con case-famiglia, comunità di recupero, centri di accoglienza e operazioni di pace. Gente strana, si narra, che «le cose normali non le sa fare, ma in quelle impossibili riesce benissimo». Il “don”, come molti lo chiamavano, «non può essere scambiato per un benefattore dei poveri», taglia corto Elisabetta Casadei, postulatrice della causa di beatificazione e docente di Filosofia all’Istituto di scienze religiose “Alberto Marvelli” di Rimini. «Don Benzi», prosegue la professoressa, «era un uomo di pensiero, capace di vedere le conseguenze sociali del Vangelo». Era un mistico-operativo, uno che partiva dalla preghiera e poi operava nel mondo, in ogni ambito di vita. «Per stare in piedi occorre stare in ginocchio», ripeteva spesso. Ancoraggi ben piantati in terra, fede salda e capacità di guardare avanti. «Ha anticipato di almeno 30 anni papa Francesco», continua Casadei. «L’esortazione apostolica Evangelii gaudium riporta le stesse parole che utilizzava don Benzi». Uscire, andare per le strade del mondo, farsi compagni di viaggio.

Anticipatore dei tempi

Fu un grande educatore, nota la postulatrice, a cominciare dai preadolescenti fino ai tossicodipendenti: «Applicava un metodo tutto suo, fatto di lavoro, preghiera e incontri con persone. Era per la condivisione diretta, “h24”. Per questo suo impegno senza sosta fu anche contestato. Ma lui vedeva la realtà con gli occhi di Dio». In campo pastorale, racconta Casadei, già nel 1968 «prendeva decisioni assieme a tutti i parrocchiani, nel perfetto stile sinodale di cui oggi tanto si parla. Anche sui piani pastorali aveva spesso da ridire. “Prima di fare le strade”, diceva, “bisogna vedere dove passa la gente”». La postulatrice ha consegnato in Vaticano 19 mila pagine di testimonianze e di scritti inediti contenuti in 56 faldoni: una montagna di carta, video, cd... per documentare il pensiero e l’attività il sacerdote riminese, in odore di santità già in vita. «Ha vissuto un Vangelo incarnato», dice. «Don Benzi è stato il propugnatore della società della relazione. Lui, già negli anni Ottanta, parlava di economia civile e del valore del dono, sviluppando una visione del mondo alla luce della dottrina sociale della Chiesa». Ma non in astratto, nel concreto, come quando, in tempi che oggi appaiano lontani, proponeva la chiusura di tutti gli istituti per anziani o ammalati gravi. E auspicava che ogni famiglia, o almeno ogni parrocchia, si facesse carico di una persona. «Ho proposto don Benzi come dottore della Chiesa in quanto interprete della dottrina sociale cristiana», afferma Casadei. «Sarebbe il primo e sarebbe la più bella valorizzazione della sua figura. Don Oreste era un profeta, ormai appare chiaro. Per lui il Vangelo cambia la vita. È la buona notizia che trasforma il mondo», a poco a poco, per attrazione. Perché questo modo di vivere è più vero e più bello, non solo per pochi, ma per tutti.

Un prete a tutto tondo

Nel volume in uscita il 7 settembre, dal titolo La mistica della tonaca lisa (Sempre Editore), Elisabetta Casadei traccia il profilo di don Benzi senza nascondersi nulla. Dell’uomo vede anche difetti e fragilità. Lo descrive come «egocentrico, infantile e superbo. Uno che drammatizza, rimugina e a volte è assente, intransigente e accentratore, sanguigno, e anche orgoglioso. Impulsivo e impetuoso». Caratteristiche che sono titoli dei paragrafi del volume. Dall’altro lato, don Oreste è stato un prete «sereno, generoso e vivace, sorridente e ottimista, amichevole e accogliente, empatico, intellettualmente curioso, creativo e sognatore». Un uomo animato dal sacro fuoco che portava dentro, con la stoffa del leader e il sonno frammentato. Don Benzi aveva tutte le caratteristiche per mettersi a capo di un popolo. Il suo non era solo il popolo degli ultimi, anche se alcune battaglie, in specie quelle per la liberazione delle prostitute e in favore dei rom, lo portarono alla ribalta delle cronache e gli causarono non poche sofferenze. «Dava fastidio», ricorda la postulatrice, «per quel suo impegno in favore degli zingari. Ha perso la stima di molti, e questa è stata la sua notte più buia. Anche i suoi parrocchiani erano arrabbiati. Dicevano: per noi don Oreste era un dio. Da quando sta con gli zingari e le puttane non vale più niente».

Sguardo fisso su Gesù

Tuttavia, don Benzi non ha mai indietreggiato. Sapeva tenere lo sguardo fisso su Gesù, e nei volti dei sofferenti vedeva il volto di Cristo. «Non ebbe paura, nel 1988, di sciogliere il primo nucleo di Rimini, perché spesso si badava solo a fare e si rischiava di perdere l’identità», che era il motivo di tutto quell’impegno. «Per lui la preghiera era fondamentale, come quella del Rosario che recitava ogni volta che saliva in auto, la sua seconda casa. Ave Maria, iniziava», e si addormentava, distrutto da un lavoro senza sosta. Consapevole dei doni ricevuti, don Benzi si spendeva là dove una persona aveva bisogno di vicinanza, di compagnia, di calore, di affetto. «Inquieto per natura e per amore, ha incarnato il Vangelo senza mediazioni, fino alla fine dei suoi giorni». Casadei confida di poter chiedere al Dicastero per le cause dei santi di aprire un albo dei profeti. «Ci potrebbero stare bene don Lorenzo Milani e don Oreste Benzi», dice. «Entrambi ci hanno fatto vedere la volontà di Dio nella società», la gioia del Vangelo nel vivere quotidiano, come lievito nella pasta.