Il cellulare del dottor Ervin Shenu squilla di continuo, nel reparto di Urologia del Policlinico universitario Campus bio-medico di Roma. A cercarlo sono i pazienti: per la richiesta di un consiglio, la conferma della somministrazione di un medicinale, il desiderio di essere rassicurati. «Ad alcuni faccio quasi da segretario», scherza Shenu. All’ingresso dell’ambulatorio si affacciano i colleghi: «Sei in turno?», «No, sto facendo un’intervista. Dico davvero, sai?».
Quindici anni fa era lui a bussare alla porta. Anzi, a tanti portoni. E nessuno apriva. Aveva lasciato l’Albania per studiare Medicina a Roma, cercava una stanza in affitto, ma i pregiudizi lo costringevano a vivere all’interno di un dormitorio per senzatetto. Era stato don Salvatore, sacerdote orionino della parrocchia di Ognissanti, a permettergli di alloggiare lì temporaneamente, assieme ad altri tre studenti albanesi che condividevano le sue stesse fatiche. Mesi duri, durante i quali tuttavia Ervin aveva potuto ricevere le prime risposte alle domande che si poneva da anni.
SOTTO LA DITTATURA
Fino agli anni Novanta l’unica fede ammessa nel suo Paese era infatti quella nel partito comunista, l’unica “divinità” riconosciuta quella di Enver Hoxha. Un dittatore duro, spietato, che aveva confiscato in Albania i luoghi di culto di tutte le religioni presenti. Ricorda Ervin: «Mio padre era attratto dalla filosofia comunista, mia madre invece talvolta pregava, ma non sapeva bene quale dio. La mia storia è quella di un adolescente che inizia a farsi domande, ma non riesce ad avere risposte».
IL SOGNO DI DIVENTARE MEDICO
Ciò che invece al giovane è sempre stato chiaro era il desiderio di diventare medico: «Fin da piccolo mi vedevo con il camice, non riuscivo a immaginarmi diversamente». Così, nel 2002, con l’obiettivo di uscire dall’area del blocco comunista, rifiuta una borsa di studio vinta a Mosca e viene ammesso alla Sapienza. Inizialmente riuscire a integrarsi sembra un miraggio, «ma don Salvatore ci coinvolgeva, soprattutto nelle Messe: una volta addirittura ha chiamato un sacerdote che sapeva celebrare in albanese. A lui e alle volontarie che alla sera cucinavano per noi ponevo moltissime domande. Sulla vita, ma anche sull’aldilà».
Dopo la laurea, Entela, una ragazza albanese che aveva condiviso con lui lo stesso percorso universitario, gli parla dell’Università Campus bio-medico di Roma, dove aveva da poco cominciato il proprio percorso di specializzazione.
Ervin segue il consiglio dell’amica e, al concorso, viene selezionato per la scuola di specializzazione in Urologia. «Con l’aiuto del Signore», aggiunge con un sorriso. «La nuova università era un ambiente un po’ diverso dagli altri», ricorda Ervin. «Molti miei colleghi erano credenti e cercavano di coinvolgermi nelle attività pastorali. Pian piano, in una parrocchia vicino a casa, ho ricominciato a frequentare la Messa, perché iniziavo a sentire qualcosa. Finché un giorno il cappellano mi ha proposto di conoscere meglio la religione cristiana».
Ma la vera svolta, nel cammino di Ervin, arriva grazie a papa Francesco, nei giorni in cui il Santo Padre si trova in visita apostolica proprio in Albania: «Parlava in modo forte, chiaro, semplice, realista. Diceva cose in cui mi ritrovavo. È stato lui a ispirare la mia scelta di essere battezzato: prima ero indeciso».
Il percorso di formazione di Ervin, vissuto inizialmente in modo piuttosto informale grazie ad alcuni colleghi, inizia a fare tappa presso la basilica di San Giovanni in Laterano, assieme a un altro centinaio di catecumeni. Tutti gli chiedono di frequente quando sarà il “grande giorno”. A don Robin risponde con una battuta: «Se fosse papa Francesco a battezzarmi, pure domani!». Dopo poco, il cappellano torna con una notizia assolutamente inaspettata: durante la Veglia pasquale in San Pietro, il Santo Padre battezzerà sia Ervin sia Entela, che nel frattempo ha vissuto lo stesso percorso di conversione.
DAVANTI AL SANTO PADRE
La voce di Ervin non è più sicura, gli occhi diventano lucidi. «Quella notte, mentre il Papa mi versava sul capo l’acqua benedetta, ho sentito qualcosa qui, in gola. Un’emozione fortissima, indescrivibile, che non avevo mai provato prima». Tante domande, tante difficoltà che improvvisamente si sciolgono nelle lacrime e vengono portate via dall’acqua del Battesimo. «Il Papa mi ha lavato e baciato e subito dopo ho sentito una pace dentro incredibile», ripete, ancora incredulo. Ervin prende il cellulare, mostra alcune foto con orgoglio: «Vedi, qui indossavo già la veste bianca, da vero figlio di Dio».
Era la sera del 4 aprile 2015, «il giorno più bello della mia vita». Un momento che Ervin spera potrà vivere presto anche suo fratello: «Vorrebbe battezzarsi anche lui, io e un mio amico lo stiamo preparando», racconta con un sorriso.
Bussano alla porta, è ora di visitare i pazienti: «Vedi, ha ragione papa Francesco: non è necessario compiere imprese straordinarie per essere cristiani; è sufficiente fare bene il proprio lavoro. Dal giorno del mio Battesimo cerco di ricordarmelo sempre».