«Questa sentenza non fa che riaffermare un principio della legge italiana: l'iscrizione a un sindacato non può essere un criterio di selezione al momento dell'assunzione». È il primo commento a caldo di Giorgio Airaudo della segreteria generale della Fiom-Cgil alla decisione del Tribunale di Roma che ha condannato la Fiat per discriminazioni contro la Fiom a Pomigliano: 145 lavoratori con la tessera del sindacato di Maurizio Landini dovranno essere assunti nella fabbrica. Alla data della costituzione in giudizio, circa un mese fa, su 2.093 assunti da Fabbrica Italia Pomigliano, la nuova azienda (newco) sorta sulle ceneri del vecchio stabilimento “Gianbattista Vico”, nessuno risultava iscritto alla Fiom. In base a una simulazione statistica affidata a un professore di Birmingham, le possibilità che ciò accadesse casualmente risultavano meno di una su dieci milioni.

La sigla sindacale ha fatto causa alla Fiat sulla base di una normativa specifica del 2003 che recepisce direttive europee sulle discriminazione. Il segretario generale della Fiom, Maurizio Landini, ha agito per conto di tutti i 382 iscritti alla sua organizzazione (nel frattempo il numero è sceso a 207) e a questa cifra fa riferimento il giudice ordinando all'azienda di assumere 145 lavoratori con la tessera dei metalmeccanici Cgil. 19 lavoratori hanno deciso di sottoscrivere individualmente la causa e hanno ottenuto, oltre all'assunzione, anche 3.000 euro di risarcimento del danno.

«Siamo sempre stati fiduciosi dell'operato della magistratura», aggiunge Airaudo, «come dimostra anche un'altra recente sentenza del Tribunale di Torino che  il 7 maggio 2012 ha condannato 13 società del Gruppo FIAT e FIAT Industrial per comportamento antisindacale consistente nell'aver rifiutato di dare corso alle trattenute sindacali a favore della Fiom di Torino richieste dalle lavoratrici e dai lavoratori iscritti al nostro sindacato a partire da gennaio 2012. È ora che il Lingotto la smetta con la politica delle minacce miranti a dividere i lavoratori e riprenda il suo vero lavoro: progettare e vendere auto che siano competitive sul mercato».

Il timore è che questa sentenza possa essere un ulteriore incentivo per il gruppo torinese a spostare il proprio baricentro fuori dall'Italia. «Marchionne è da tempo che cerca pretesti per non onorare gli impegni presi. Dei 20 miliardi di euro di investimenti previsti dal piano Fabbrica Italia finora se ne sono visti solo due e nessuno ormai crede più che il 2012 si chiuderà con 1 milione e 600 mila auto Fiat vendute. Quando accadrà, non si potrà più dire che la colpa è sempre e solo dei lavoratori che non sono abbastanza produttivi».

La palla, secondo il sindacalista, a questo punto dovrebbe passare alla politica, «che in questi anni è stata prona agli interessi della Fiat, lasciando soli i lavoratori. Il Lingotto vuole andarsene dall'Italia? Nessuno glielo impedisce. Ma almeno si abbia il coraggio di dire la verità fino in fondo. Ci vorrebbero ministri dalla schiena dritta, come Giacomo Brodolini e Carlo Donat Cattin, che da un lato ricordino quanto l'Italia ha dato alla Fiat e quindi la esortino a rispettare gli impegni presi in termini di occupazione, e dall'altro cerchino di attirare nuovi investitori. Da noi ci sono manager, progettisti e operai di altissimo livello, come dimostra il fatto che buona parte del management Wolkswagen si è formata in Italia».

Più cauto il commento sulla sentenza del Tribunale di Roma e sulle conseguenze che potrà avere Claudio Chiarle, della Fim-Cisl: «Rispetto la sentenza e non credo che possa avere ripercussioni sugli accordi che noi abbiamo firmato con il Lingotto. Se lo stabilimento di Pomigliano ancora non si sta esprimendo secondo le sue potenzialità, è colpa della crisi del settore. Per il resto, sugli accordi si stanno sostanzialmente rispettando i tempi previsti. Ci preoccupa solo il caso di Mirafiori dove i lavori per le nuove linee produttive sono sospesi.

Per rispettare gli impegni, bisogna cominciare prima dell'estate». Di sicuro c'è che lo stesso Marchionne pochi giorni fa ha annunciato un taglio di 500 milioni di euro di investimenti previsti per l'Europa quest'anno. Sulla sentenza di Roma, invece, al momento di andare on-line, il Lingotto fa sapere «che è nostro interesse esprimere quanto prima una valutazione, ma prima dobbiamo aspettare che i nostri legali leggano attentamente il testo dei giudici».