Sono un’insegnante di scuola primaria e lavoro con bambini della classe quinta. In questi giorni ho scoperto che molti di loro seguono la serie Squid Game. Ho trascorso 2 giorni a colloquiare con i miei alunni per capire come lo avessero conosciuto, come e con chi lo avessero visto e il tipo di emozione o motivazione che suscitava in loro. La serie ha per protagonisti persone con problemi che si trovano coinvolte in una specie di torneo in cui devono giocare i tipici giochi dell’infanzia. La pena per l’errore nel gioco è la morte. Per chi vince e resta vivo, il premio è una cospicua somma di denaro. La visione è sconsigliata sotto i 14 anni. Durante la ricreazione vedo spesso giocare i miei alunni a “un, due, tre, stella!” simulando la squalifica dei compagni con il gesto della pistola. Ora comprendo perché e mi chiedo il motivo per cui i genitori permettono a bambini così piccoli di vedere cose tanto inadatte a loro.

EMILIA

— In queste settimane ho ricevuto molti messaggi di docenti, preoccupati perché bambini della scuola primaria e preadolescenti della secondaria di primo grado sono diventati spettatori fedeli della serie televisiva Squid Game. La serie è sconsigliata a chi ha meno di 14 anni, ma l’evidenza di moltissimi educatori è che sia entrata nelle preferenze e nelle scelte di visione di molti minori. La violenza della serie è anche graficamente molto “spinta” ed esplicita: quando si viene uccisi, schizza sangue dappertutto. Gli insegnanti dicono che i bambini ci ridono su e si tranquillizzano vicendevolmente dicendosi “tanto non è sangue vero, è sugo di pomodoro”. È bene che noi adulti siamo consapevoli che quando sei bambino/a o preadolescente la tua mente non è in grado di gestire la complessità di alcune esperienze a cui puoi avere accesso, ma per cui non possiedi competenze emotive-cognitive di rielaborazione e integrazione dentro di te. È qualcosa che noi genitori dobbiamo mettere come premessa dei sì e dei no che diciamo ai nostri figli. Altrimenti nella loro vita entra il peggio e nella loro mente si depositano in modo caotico e privo di significati elementi ed esperienze che hanno rilevanze valoriali e risvolti emotivi enormi (la vita e la morte lo sono; la violenza fine a sé stessa lo è; il gioco che si trasforma in esperienza per vincere soldi o per subire la morte lo è). Tutto ciò può rivelarsi anche traumatizzante nella mente di chi non è in grado di gestirne l’impatto emotivo e psichico. “Vietare qualcosa a figli minori di 14 anni” per molti genitori significa diventare adulti non amabili, che escludono i figli da esperienze che tutti gli altri stanno attraversando. Però noi adulti dobbiamo diventare consapevoli che ci sono “no” che aiutano a crescere e che alcuni divieti non reprimono né inibiscono la crescita, bensì la proteggono, la sostengono e la promuovono.