Un cammino difficile ma importante. È quello che hanno intrapreso i vescovi della Calabria per dire, a parole chiare, che nei confronti delle mafie non esistono compromessi né mezze misure. Al contrario, bisogna imparare a denunciarne la presenza nel tessuto sociale. Tra le decisioni adottate nell’assemblea dei vescovi vi è che «negli Istituti teologici venga introdotto un corso su Chiesa e ’ndrangheta». Significa che i futuri preti dovranno, obbligatoriamente, studiare il fenomeno della criminalità organizzata e l’attività pastorale da mettere in campo per contrastarla. Nella nota, viene poi ribadita, più in generale, «l’inderogabile importanza di un cammino educativo che coinvolga i ragazzi fin dai primi anni della loro vita, incentrato sulla frontiera della legalità, indispensabile per una crescita umana, oltre che civile e sociale della nostra terra e della vera libertà». La nota si conclude con un appello a tutti i cristiani di Calabria perché abbiano a cuore il «coraggio della denuncia » e la «fuga da ogni omertà». Decisioni inedite per un nuovo futuro.

TONIO DELL’OLIO

Le parole di don Dell’Olio di Libera, a commento del coraggioso documento dei vescovi calabresi, assumono particolare significato dopo la presenza di papa Francesco alla Giornata della memoria per le vittime di mafia. Le sue parole di condanna, che hanno richiamato l’anatema di Giovanni Paolo II ai mafiosi nella Valle dei Templi ad Agrigento, dicono con chiarezza da che parte sta la Chiesa. Nessuna strumentalizzazione della fede è più lecita da parte della ’ndrangheta, come avveniva al santuario della Madonna di Polsi. E come racconta Annachiara Valle nel suo bel libro: Santa malavita organizzata (San Paolo).