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Caro don Antonio, le scrivo in merito ai recenti dati Istat che indicano un costante calo demograco in Italia e in buona parte d’Europa, tranne in Francia e nel nostro Trentino, dove ci sono vere politiche a sostegno della famiglia. La mia riflessione non verte solo sui numeri, ma anche sul modo con cui i mass media, compresa Famiglia Cristiana, li hanno presentati. Voglio dire che, una volta pubblicati, i dati sono subito scomparsi, come se il problema della denatalità non esistesse.
È noto che il calo demograco si traduce anche in una decrescita economica. Un tempo i genitori provvedevano alla casa dei figli, e con i loro interventi mettevano in moto lavoro e occupazione. Oggi, con il figlio unico, anche il mercato immobiliare s’è ristretto. E i giovani, se non sono costretti a vivere da “bamboccioni” in casa coi genitori, preferiscono andare all’estero. Una soluzione per invertire questa tendenza ci sarebbe: è il “Quoziente familiare” (o “Fattore famiglia”), che si traduce in un fisco più equo per famiglie con figli. Ma i politici dicono che costa troppo. E i soldi non ci sono.
Un’altra soluzione potrebbe venire dal mercato del lavoro, garantendo un futuro più sicuro ai giovani, piuttosto che lasciarli in un precariato cronico. Se non si interviene sull’occupazione, chi si azzarderà responsabilmente a mettere al mondo un figlio? Se si ha paura del futuro, generare è davvero un rischio. Non si può vivere con il dubbio che, un giorno, possano venire a mancare i soldi per pagare il buono pasto a scuola per i figli!
Ma se la posta in gioco è così importante, perché si trovano risorse per aziende e banche e non per le famiglie? Perché i giornali non insistono su questo tasto? C’è, forse, qualcosa da nascondere? Come, ad esempio, che le Associazioni familiari non hanno mai concluso nulla al riguardo? O che la situazione è così compromessa che non si trovano soluzioni? Voltaire diceva: «Per capire chi vi comanda, basta scoprire chi non vi è permesso criticare». I dati Istat sulla natalità dimostrano il fallimento di chi ci governa: perché non osate dirlo? Meglio fare interviste adulatrici alla Boschi o alla Boldrini?
Caro Luigi, forse ci conosci poco, ma non abbiamo la vocazione a prostrarci davanti a nessuno. Anzi, quando c’è da sostenere la famiglia o prendere le parti dei più deboli e indifesi, non guardiamo in faccia nessuno. Non abbiamo alcuna soggezione se c’è da difendere la dignità delle persone, quando viene calpestata e offesa. A costo di inimicarci i potenti di turno. Quanto, poi, al tema della denatalità e delle politiche familiari per invertire questa tendenza suicida nel Paese, credo che non abbiamo mai mollato la presa, criticando e stimolando chi, di volta in volta, ha avuto in mano le redini del Governo a intraprendere seri provvedimenti di sostegno alla famiglia, che è il bene più prezioso che possiede un Paese. E l’abbiamo fatto assieme al Forum delle associazioni familiari e a tutti coloro che hanno a cuore questo tema. Purtroppo, continuiamo a trovare incomprensioni e resistenze. E i politici fanno finta di non capire la gravità del problema.
Come abbiamo scritto in più occasioni, i dati Istat sul crollo delle nascite in Italia sono drammatici. Anche se, giustamente come fai osservare tu, caro Luigi, non si vuole prendere coscienza che l’Italia si avvia a un futuro incerto, se non si attuano da subito robuste politiche familiari per invertire la tendenza. Ecco i numeri inquietanti, su cui i politici dovrebbero mettere almeno la stessa attenzione che hanno dedicato alle unioni civili: per il secondo anno consecutivo abbiamo toccato il minimo storico dall’Unità d’Italia. Appena 488 mila bambini sono stati accolti nel nostro Paese. Nel 1964, anno del picco delle nascite, erano stati oltre un milione. Da restare senza parole. Nemmeno negli anni della Seconda guerra mondiale erano nati meno bambini, con il Paese sotto le bombe degli alleati e l’occupazione nazista.
Ma, come se non bastasse, centomila italiani (soprattutto giovani), ogni anno se ne vanno all’estero a cercare fortuna. Così il Paese invecchia rapidamente: oltre il ventidue per cento delle persone hanno più di sessantacinque anni. E allora, che cosa bisogna aspettare ancora perché i politici intervengano con urgenza? L’assenza di nuove generazioni sta impoverendo il Paese di creatività, fiducia e speranza. Un popolo che non investe le migliori energie sui giovani, si condanna a essere marginale. Senza una vera politica familiare, i grandi proclami sulla ripresa e lo sviluppo economico sono solo chiacchiere!
È noto che il calo demograco si traduce anche in una decrescita economica. Un tempo i genitori provvedevano alla casa dei figli, e con i loro interventi mettevano in moto lavoro e occupazione. Oggi, con il figlio unico, anche il mercato immobiliare s’è ristretto. E i giovani, se non sono costretti a vivere da “bamboccioni” in casa coi genitori, preferiscono andare all’estero. Una soluzione per invertire questa tendenza ci sarebbe: è il “Quoziente familiare” (o “Fattore famiglia”), che si traduce in un fisco più equo per famiglie con figli. Ma i politici dicono che costa troppo. E i soldi non ci sono.
Un’altra soluzione potrebbe venire dal mercato del lavoro, garantendo un futuro più sicuro ai giovani, piuttosto che lasciarli in un precariato cronico. Se non si interviene sull’occupazione, chi si azzarderà responsabilmente a mettere al mondo un figlio? Se si ha paura del futuro, generare è davvero un rischio. Non si può vivere con il dubbio che, un giorno, possano venire a mancare i soldi per pagare il buono pasto a scuola per i figli!
Ma se la posta in gioco è così importante, perché si trovano risorse per aziende e banche e non per le famiglie? Perché i giornali non insistono su questo tasto? C’è, forse, qualcosa da nascondere? Come, ad esempio, che le Associazioni familiari non hanno mai concluso nulla al riguardo? O che la situazione è così compromessa che non si trovano soluzioni? Voltaire diceva: «Per capire chi vi comanda, basta scoprire chi non vi è permesso criticare». I dati Istat sulla natalità dimostrano il fallimento di chi ci governa: perché non osate dirlo? Meglio fare interviste adulatrici alla Boschi o alla Boldrini?
LUIGI C.
Caro Luigi, forse ci conosci poco, ma non abbiamo la vocazione a prostrarci davanti a nessuno. Anzi, quando c’è da sostenere la famiglia o prendere le parti dei più deboli e indifesi, non guardiamo in faccia nessuno. Non abbiamo alcuna soggezione se c’è da difendere la dignità delle persone, quando viene calpestata e offesa. A costo di inimicarci i potenti di turno. Quanto, poi, al tema della denatalità e delle politiche familiari per invertire questa tendenza suicida nel Paese, credo che non abbiamo mai mollato la presa, criticando e stimolando chi, di volta in volta, ha avuto in mano le redini del Governo a intraprendere seri provvedimenti di sostegno alla famiglia, che è il bene più prezioso che possiede un Paese. E l’abbiamo fatto assieme al Forum delle associazioni familiari e a tutti coloro che hanno a cuore questo tema. Purtroppo, continuiamo a trovare incomprensioni e resistenze. E i politici fanno finta di non capire la gravità del problema.
Come abbiamo scritto in più occasioni, i dati Istat sul crollo delle nascite in Italia sono drammatici. Anche se, giustamente come fai osservare tu, caro Luigi, non si vuole prendere coscienza che l’Italia si avvia a un futuro incerto, se non si attuano da subito robuste politiche familiari per invertire la tendenza. Ecco i numeri inquietanti, su cui i politici dovrebbero mettere almeno la stessa attenzione che hanno dedicato alle unioni civili: per il secondo anno consecutivo abbiamo toccato il minimo storico dall’Unità d’Italia. Appena 488 mila bambini sono stati accolti nel nostro Paese. Nel 1964, anno del picco delle nascite, erano stati oltre un milione. Da restare senza parole. Nemmeno negli anni della Seconda guerra mondiale erano nati meno bambini, con il Paese sotto le bombe degli alleati e l’occupazione nazista.
Ma, come se non bastasse, centomila italiani (soprattutto giovani), ogni anno se ne vanno all’estero a cercare fortuna. Così il Paese invecchia rapidamente: oltre il ventidue per cento delle persone hanno più di sessantacinque anni. E allora, che cosa bisogna aspettare ancora perché i politici intervengano con urgenza? L’assenza di nuove generazioni sta impoverendo il Paese di creatività, fiducia e speranza. Un popolo che non investe le migliori energie sui giovani, si condanna a essere marginale. Senza una vera politica familiare, i grandi proclami sulla ripresa e lo sviluppo economico sono solo chiacchiere!



