Il giudice di prima istanza aveva accolto la richiesta di quattordici dipendenti di un’azienda a farsi retribuire a titolo di compenso per lavoro straordinario i cosiddetti tempi di percorrenza e i tempi di vestizione. La motivazione della decisione era legata al fatto che il giudice aveva considerato nulle le clausole contrattuali collettive nella parte in cui non consideravano “come orario da retribuire, i periodi di tempo minimi, ivi compresi quelli per la vestizione, necessari per arrivare dal varco di accesso dello stabilimento alle effettive posizioni di lavoro e viceversa, ivi compreso il tempo per effettuare la doccia di fine giornata”.
Nel caso specifico la Corte di Cassazione è intervenuta con sentenza n. 8063 ribaltando il disposto del giudice e accogliendo il ricorso dell’azienda: “ove sia data facoltà al lavoratore di scegliere il tempo e il luogo ove indossare la divisa stessa (anche presso la propria abitazione, prima di recarsi al lavoro) la relativa attività fa parte degli atti di diligenza preparatoria allo svolgimento dell’attività lavorativa, e come tale non deve essere retribuita, mentre se tale operazione è diretta dal datore di lavoro, che ne disciplina il tempo e il luogo di esecuzione, rientra nel lavoro effettivo e di conseguenza il tempo ad essa necessario deve essere retribuito”.
Nel caso specifico la Corte di Cassazione è intervenuta con sentenza n. 8063 ribaltando il disposto del giudice e accogliendo il ricorso dell’azienda: “ove sia data facoltà al lavoratore di scegliere il tempo e il luogo ove indossare la divisa stessa (anche presso la propria abitazione, prima di recarsi al lavoro) la relativa attività fa parte degli atti di diligenza preparatoria allo svolgimento dell’attività lavorativa, e come tale non deve essere retribuita, mentre se tale operazione è diretta dal datore di lavoro, che ne disciplina il tempo e il luogo di esecuzione, rientra nel lavoro effettivo e di conseguenza il tempo ad essa necessario deve essere retribuito”.




