PHOTO
Il crollo della natalità interessa praticamente tutte le società più ricche, soprattutto europee (ma è la Corea del Sud a detenere il record, con solo 0,78 figli per donna), anche se con intensità diverse: il nostro Paese gode in questo ambito di un non invidiabile primato, con un tasso di natalità pari a 1,18, mentre in Francia, nazione con politiche familiari forti e consolidate da decenni, questo dato è pari a 1,59. Entrambi ormai lontanissimi da quel 2,1 figli per donna che garantirebbe l’equilibrio demografico, ma ovviamente “noi stiamo messi molto peggio”! Il confronto con la Francia è quindi utile, anche perché pochi giorni fa (il 30 giugno) un autorevole ente scientifico francese, L’Accademia Nazionale di Medicina, ha lanciato un pressante appello per un urgente potenziamento e rinnovamento delle azioni pubbliche a sostegno della natalità, con alcune proposte innovative, sulla base di alcuni importanti dati sulla situazione attuale. E sui vari dati il confronto è importante soprattutto perché – spoiler sulle conclusioni finali – in Francia la situazione è molto meno grave che in Italia su quasi tutti gli indicatori. Eppure l’urgenza del fare sembra qui richiamata con molta maggiore convinzione: così, potranno intervenire ben prima che… “i buoi siano scappati dalla stalla”! E noi, ci stiamo muovendo tempestivamente e in modo consistente, al di là delle analisi?
Primo dato – davvero preoccupante: meno nati, più morti. Il saldo demografico naturale francese nel 2024 è ancora positivo: +17.000. Il numero si calcola con la differenza tra nati e morti: se è positivo, vuol dire che i nati sono più numerosi dei morti (come in Francia), e la popolazione cresce; se è negativo, la popolazione diminuisce. In Italia questa cifra è pari a MENO 281.000 (!). La popolazione italiana quindi diminuisce in modo davvero drammatico, e in modo continuo fin dal 2015 (primo anno in cui il saldo negativo è maggiore di 100.000).
Secondo dato – l’evoluzione della natalità. Il tasso di fecondità in Francia (sempre nel 2024) è sceso a 1,59, il più basso dalla Prima Guerra Mondiale (ricorda con preoccupazione l’Accademia francese): in Italia siamo arrivati a 1,18, e finalmente l’allarme rosso risuona anche da noi. Però vale la pena di ricordare che il dato francese noi l’avevamo raggiunto già nel 1981 (1,58 figli per donna). Forse se avessimo lanciato l’allarme allora, e magari introdotto allora l’assegno unico, la situazione non sarebbe così negativa!
Terzo dato: quanti sono i nati (per capire un po’ di più). Anche i valori assoluti sono ben diversi: in Italia sono nati nel 2024 370.000 bambini, in Francia 663.000, ma in effetti la Francia è più popolosa (68,4 milioni di abitanti, a fronte dei 58,9 in Italia). Ma anche su questo il confronto è sconfortante: infatti la popolazione complessiva francese è superiore a quella italiana del 16,1%, mentre i nuovi nati francesi sono superiori a quelli italiani del 79,2%. In altre parole, per rispettare la stessa proporzione della Francia tra nuovi nati e totale della popolazione in Italia avremmo dovuto avere 200.000 nati in più!
Altri dati confermano la peggiore situazione italiana: le mamme hanno il primo figlio in età più avanzata: in Francia l’età media al primo figlio è quasi 29 anni, in Italia è 31,3, e questo implica un minor numero di famiglie con più figli, e un aumento dai casi di infertilità (stimati attorno al 15% delle coppie coniugate – stessa stima in entrambi i Paesi). L’unico dato su cui l’Italia ha una situazione migliore è la mortalità infantile: in Francia si attesta su 4,1 morti ogni 1.000 nati (in crescita), in Italia l’abbiamo ridotta fino a 2,6, tra i più bassi al mondo, dato di cui essere legittimamente orgogliosi.
QUINDI CHE FARE? A fronte di questa situazione, l’Accademia francese propone sette strategie di intervento, urgenti, per tentare di avere un nuovo baby boom tra il 2030 e il 2040: una prestazione economica universale dal primo figlio, 100mila nuovi posti all'asilo nido, congedi parentali economicamente sostenibili e suddivisi tra entrambi i genitori, fare dell'infertilità di coppia una priorità di prevenzione e salute pubblica, migliorare la natalità nei servizi ospedalieri e sanitari, comprendere e accompagnare le giovani generazioni nelle loro preoccupazioni ecologiche e sociali.
Tutto molto condivisibile – anche se probabilmente molto costoso –, e sarebbe una buona agenda anche per il nostro Paese. Purtroppo, però, anche qui il confronto non è rassicurante: rispetto al tema dei posti in asili nido, per esempio, nel nostro Paese i 100.000 posti saranno in meno, rispetto alle previsioni del PNRR, di una occasione cioè, in cui le risorse economiche erano disponibili. Purtroppo da una progettazione di 264.000 nuovi posti si è ormai passati ad un obiettivo di 150.000 posti aggiuntivi. La responsabilità di questa drastica riduzione non è solo del Governo centrale, ma di una serie di articolati motivi, dalla fatica burocratico-progettuale del PNRR fino alla scarsa capacità e disponibilità di molti enti locali, con la legittima preoccupazione, da parte dei Comuni, di dover poi coprire i costi di gestione ogni anno, senza ulteriori risorse, una volta costruiti e aperti i nuovi nidi. Il risultato finale rimane comunque lo stesso (e non solo per i nidi): a parole tutti affermiamo che la natalità è un’emergenza da sistema Paese. Ma quando si tratta di “aggiungere servizi” a sostegno della natalità, ci viene il “braccino corto” del tennista, che ha paura di chiudere la partita. Eppure Sinner è italiano!



