Il destino di alcuni attori dipende dal ruolo, anzi, da un ruolo, uno soltanto. Nei sogni di questi artisti, lavoratori con i panni degli altri, c’è sicuramente quello di interpretare una parte che resti nella memoria. Eppure, alcune volte, quando questo accade, sembra essere una maledizione più che una fortuna.

Come nel caso di Jackie Coogan, scomparso giusto trent’anni fa, il 1° marzo 1984, ma che da tutti, sempre e comunque, è conosciuto come “il monello”. La colpa è di Charlie Chaplin, la colpa è di un film tra i più belli, la colpa è della sua bravura di bambino-prodigio davanti alla cinepresa, la colpa è di sua mamma e del suo patrigno. Insomma, la colpa sarebbe di tutto il mondo se Coogan è rimasto per sempre il bambino complice di Chaplin nel lanciare sassi ai vetri delle finestre altrui e se non è più cresciuto agli occhi del mondo. Coogan, in effetti, era un bambino perfetto per Hollywood, che si stava lanciando trasformando un’arte, la settima, in una forma di business, di grande affare commerciale e popolare.

Chaplin cercava un ragazzino in grado di recitare nel suo primo lungometraggio, Il monello, appunto, The kid, e lo trovò nel piccolo Jackie, che aveva sei anni e la faccia impertinente che serviva per quel ruolo. Chaplin aveva ragione e il film fu un successo in tutto il mondo. Si ammirava il vagabondo ma anche la sua spalla, quel bambino dalla faccia da mascalzoncello e dalla naturalezza recitativa che sbalordiva. Un grosso guaio, a posteriori, perché Coogan non solo non si liberò più dell’immagine del monello ma addirittura ne fu, in un certo senso, anche schiavo.

La sua fama crebbe all’improvviso dal nulla, e in America si cominciarono a vendere prodotti per bambini tutti legati al suo nome, alla sua faccia, alla sua immagine. Soldi a palate, ma non per lui. La mamma, che s’era risposata dopo la morte del marito in un incidente d’auto, dilapidò quasi tutto il capitale accumulato da quel bambino tanto celebre, col nuovo compagno. Jackie, per altro, continuava a girare film in cui i produttori volevano che ricordasse al pubblico quel monello tanto clamoroso. Fu l’inizio della fine per Coogan. In pochi anni si guadagnò la fama di attore buono solo per parti secondarie, da caratterista.

Quanto ai soldi guadagnati, Coogan arrivò al punto di citare in giudizio la madre e il patrigno per tutti quei milioni buttati dalla finestra. Ovviamente, non rivide mai più i dollari che credeva di aver accumulato ma l’America pensò bene che da quella vicenda si dovesse trarre una morale. Così, venne promulgata una legge che proteggeva i diritti dei minorenni sui guadagni da lavoro. E, per far sì che tutti capissero di che legge si trattasse, la chiamarono proprio legge-Coogan. Una ben magra consolazione per quell’ex bambino, figlio della stessa America che offre possibilità infinite a tutti ma sa divorare i suoi figli commercialmente.

Coogan continuò a lavorare nel mondo dello spettacolo, ma solo in parti di secondo piano e ritrovò un po’ di fama, da adulto, negli anni Sessanta, quando interpretò in televisione uno dei personaggi della saga della famiglia Addams. Era lui lo zio Fester della fortunata serie Tv. Ma nessuno ricordava che era stato anche il bambino più ammirato sul grande schermo negli anni Venti. Perché per il pubblico era impossibile accettare che zio Fester e il delizioso monello di Charlot potessero essere la stessa persona.