Lo ammetto, uno dei momenti più difficili della mia vita è stato quando ci hanno annunciato la sindrome di Down di nostra figlia. La piccola Anna era ancora nella pancia di mia moglie Daniela. Non ero nuovo al mondo della disabilità, ho fatto il volontario, ho tanti amici con disabilità, ma ci sono dinamiche che, quando riguardano gli altri, vengono viste da un punto di vista che, spesso, ci tiene a debita distanza di sicurezza.

Quando invece la dinamica si avvicina pericolosamente alla nostra vita e la travolge allora cambia tutto, ma davvero tutto. Io ero terrorizzato da quella notizia distillata dalla dottoressa quasi fosse una semplice e dolorosa iniezione, ma mia moglie ha reagito chiedendo “Scusi, ma è un maschio o una femmina?”. Una domanda apparentemente ingenua e fuori posto, ma molto profonda e salvifica perché, in realtà, ha cambiato per sempre il mio modo di guardare le persone, tutte le persone. Mentre con i miei pensieri mi stavo occupando di “COSA stava succedendo” Daniela, con quella fragile domanda, si stava occupando di “CHI stava arrivando”. Una distinzione così semplice, ma così potente da risultare illuminante.

Dietro a ogni disabilità, dietro a ogni diversità si nasconde sempre una persona. Sembra banale e forse anche scontato, ma abbiamo bisogno di ricordarcelo l’un l’altra, sempre. “La sfida che oggi ci si presenta è reimparare a raccontare” ci ricorda papa Francesco e abbiamo proprio bisogno di tutta la creatività e fantasia per inventare e cercare nuovi modi per farlo. Non prendiamoci in giro, la disabilità è una brutta notizia, ma la persona che si nasconde dietro alla disabilità è sempre, e sottolineo sempre, una buona notizia. Se la cerchiamo e la raccontiamo diventeremo generatori di incontri e, custodite nelle fragilità, scopriremo tracce della Buona Notizia.