Vorrei complimentarmi con il monsignore polacco che ha dichiarato di essere gay, scambiandosi abbracci affettuosi con il suo compagno davanti alle telecamere di tutto il mondo. Mi compiaccio, soprattutto, per la tempistica della notizia, data il giorno prima dell’apertura del Sinodo sulla famiglia. L’intento non era poi così celato: era quello di pubblicizzare il suo libro-verità sul problema gay nelle segrete stanze vaticane, che quanto prima inonderà le nostre librerie. E che, certamente, farà tanti soldi. Forse, qualcuno gli chiederà pure i diritti per un film, così da soddisfare curiosità pruriginose, con incassi che andranno a rimpinguare il suo conto in banca. In merito all’orgoglio gay esternato da monsignor Charamsa, vorrei dirgli che il sottoscritto è felicemente sposato da ventotto anni, ed è orgoglioso della sua famiglia e dei suoi figli. Per un cristiano il vero orgoglio è quello d’essere grati a Dio, al di là delle condizioni di vita. Ma capisco che, per molti, ciò è secondario. Purtroppo, quel che conta sono i soldi, perché sono questi a far girare il mondo. E non sempre sulle vie del bene.
GIANFRANCO - Chieti
Premesso che si deve il massimo rispetto alle persone e alle loro scelte di vita, spesso maturate dopo anni di sofferenza silenziosa, è difficile non essere critici sul modo e i tempi con cui monsignor Charamsa, docente in due facoltà teologiche di Roma, ha deciso di rendere pubblica la sua omosessualità e la sua convivenza con un amico. Strumentalizzare il Sinodo sulla famiglia per dare risalto mediatico a una vicenda personale, che semmai avrebbe richiesto più discrezione, lo trovo controproducente alle “buone” ragioni che egli voleva far emergere. Alla fine, è risultata una “brillante” operazione di marketing, che servirà a lanciare il suo libro (già pronto), ma è come essersi venduta l’anima al diavolo per soldi.