«Non puntate i riflettori e i microfoni su di me, ma guardate il motivo per il quale stavo andando in Palestina. Poniamo l’attenzione su ciò che sta accadendo lì». Qeste sono state le parole di don Nandino Capovilla, parroco di Marghera e membro di Pax Christi, dopo essere stato costretto a rientrare in Italia da un decreto di espulsone emanato dalle autorità israeliane una volta arrivato all’aeroporto di Tel Aviv, lunedì 11 agosto. A riportare le parole di Capovilla, in una conferenza stampa organizzata da Pax Christi, è stata Betta Tusset, anche lei membro del movimento italiano per la pace, che ha compiuto numerosi viaggi in Terra Santa e con don Nandino è promotrice della campagna “Ponti non muri”. Insieme, Tusset e Capovilla  hanno scritto diversi volumi dedicati alla Palestina, l’ultimo è Sotto il cielo di Gaza, uscito alcuni mesi fa.

Don Capovilla è stato trattenuto per sette ore mentre era in viaggio con un gruppo di 18 persone della campagna di Pax Christi “Ponti non muri” – arrivato in Cisgiordania – in uno dei pellegrinaggi di giustizia promossi dal movimento. Una agente israeliana – ha raccontato il sacerdote in conferenza stampa – gli ha reso noto attraverso un documento che lui è “un pericolo per lo Stato di Israele”. Gli è stato chiesto di firmare il documento ma lui si è rifiutato di farlo. Ha spiegato di non aver subìto angherie, mentre «milioni di persone in Palestina sono invece privati della libertà di andare in ospedale, muoversi, vivere». Ha poi ricordato che a novembre del 2024 la Corte penale internazionale ha emesso un mandato d’arresto contro il presidente Netanyahu e altre autorità israeliane: «Chi è che deve essere arrestato?». E ha mosso una forte critica ai Governi dei Paesi che ancora appoggiano il Governo di Israele.  

Hanno parftecipato alla conferenza stampa anche don Renato Sacco, consigliere nazionale di Pax Christi, e monsignor Giovanni Ricchiuti, presidente del movimento, il quale, in collegamento dalla Cisgiordania, ha ricordato il dramma di Taibeh, unico villaggio palestinese interamente cristiano,dove non c'è Hamas, nel quale gli abitanti subiscono violenze da parte dei coloni israeliani.

«La campagna internazionale “Ponti non muri», ha spiegato Betta Tusset, «è nata a ottobre del 2004 e noi rappresentiamo la sezione italiana, nazionale. In questi 21 anni l’obiettivo è sempre stato andare nel Territorio palestinese occupato, che significa Cisgiordania, Gerusalemme e Gaza, andare in Israele ad incontrare i gruppi e le associazioni che lavorano insieme ai palestinesi, popolo oppresso da uno Stato occupante, andare anche ad ascoltare gli israeliani che si battono per la giustizia in quella terra, perché i diritti siano garantiti e tutti e tutte. E andare in Palestina ad incontrare le comunità cristiane e musulmane, nei campi profughi, nelle realtà nelle quali la popolazione soffre da decenni, in Cisgiordania e, con la situazione che si è creata dopo il 7 ottobre 2023, a Gaza attraverso quello che noi non esitiamo a chiamare genocidio».

Tusset ha aggiunto: «Noi di Pax Christi da vent’anni accompagniamo gruppi di persone in Palestina e continueremo a farlo con la forza dell’umanità che incontriamo in quella terra, e con la forza del diritto, perché se noi diciamo – e lo diciamo con convinzione – di essere di parte, significa che siamo dalla parte del diritto internazionale e del diritto internazionale umanitario. E appellandoci a questo diritto riconosciamo che c’è una popolazione che è assolutamente oppressa nella quotidianità. E’ per questo che i nostri pellegrinaggi sono un andare, conoscere, abbracciare, condividere e poi tornare. Le altre attività che svolgiamo sono collegate alla sensibilizzazione nel nostro Paese, girando l’Italia, incontrando gruppi, comunità, associazioni come gli scout, chiunque abbia desiderio di ascoltarci e unirsi a noi nel tentativo di dare voce a chi non ce l’ha. Noi prestiamo a loro la voce, rispettando la loro storia, il loro dolore, la loro cultura, il loro desiderio di vivere in quella terra in pace, insieme all’altro popolo che la abita, tutti con gli stessi diritti e la voglia di vivere liberi».

(Nella foto, don Nandino Capovilla)