Dalla paura di non farcela a raggiungere l’altra sponda del Mediterraneo e di morire in mezzo al mare al sogno  diventato oggi realtà del diploma di maturità. Eppure per Patrice Kouame, 37 anni, profugo della Costa d’Avorio, portato in salvo a Palermo da una nave militare olandese il 9 maggio del 2017, insieme a un centinaio di  migranti partiti dalla città di Zabratha in Libia, il ricordo della notte più buia passata a bordo di un barcone, lasciato senza motore, in balia delle onde, è appena dietro l’angolo.

Il prossimo 25 giugno all’Istituto professionale Giorgi-Fermi di Treviso Patrice affronterà il colloquio multidisciplinare, l’unica prova orale della maturità al tempo del Coronavirus. Per conseguire il diploma tecnico di Meccanica. Trasferito subito dopo  lo sbarco  in Sicilia a Treviso, al centro di accoglienza ex Caserma Serena - il più grande hub per  richiedenti asilo alle porte della città - ha iniziato da qui fin da subito a frequentare la scuola: “Il primo giorno, appena arrivato al centro di accoglienza  non sapevo nemmeno dire “latte” a chi mi chiedeva che cosa volevo a colazione  - racconta il maturando Patrice – Non sapevo una sola parola di Italiano. Così ho chiesto subito di poter andare a scuola per imparare”.

Un treno senza sosta il diario di scuola di Patrice. E come unico motore la sua instancabile forza di volontà. Cominciato imparando da zero l’abc dell’Italiano frequentando i corsi di lingua per stranieri. Continuato con la frequenza del percorso di scuola media per adulti e insieme del triennio di scuola superiore. E terminato, dopo l’esame di terza media da lui affrontato nel 2018, con l’iscrizione agli ultimi due anni di scuola superiore dell’indirizzo “Meccanica industriale”, al corso serale per studenti adulti dell’istituto professionale trevigiano. “Io voglio andare a scuola” è stata la prima frase pronunciata in perfetto Italiano da Patrice.  Andata e ritorno tra pile di libri, il nuovo viaggio intrapreso. E la voglia di imparare come unico biglietto per il futuro.  A costo di macinare chilometri e chilometri in bicicletta, come ha fatto per tre anni di fila.

Per frequentare la scuola – così è stato fino all’esame di terza media - sia di giorno che la sera.  Sebbene Patrice un diploma in contabilità e finanza nel bagaglio della sua precedente vita scolastica  in Costa d’Avorio già l’aveva. Un diario di scuola il suo che ben ricorda, in mezzo al mare delle paure superate nel suo viaggio verso l’Italia a bordo del barcone, le stesse strade impervie mostrate nel film documentario “Vado a scuola” del regista francese Pascal Plisson. La pellicola che racconta dei sentieri battuti tutte le mattine da quattro ragazzi protagonisti per raggiungere la scuola, tra le savane del Kenia, le montagne dell’Atlante in Marocco, il caldo soffocante dell’India e i vertiginosi altipiani della Patagonia.  Insieme al diario dei tre intensi anni di scuola Patrice snocciola con precisione ancora tutte le date e ricordi legati a quei momenti.  

Come in un diario, ma stavolta di guerra. Fuggito da Abidjan, la capitale della Costa d’Avorio nel 2012 dopo lo scoppio l’anno precedente della guerra civile si era in un primo momento  rifugiato in Mali. Il suo viaggio in cerca di futuro e fortuna è poi continuato per cinque anni tra l’Algeria e la Libia: “In Algeria ho lavorato un anno come muratore – racconta Patrice – Ma sono stato costretto a lasciare il Paese per non vedermi costretto a ritornare in Costa d’Avorio. Nel 2013 sono andato in Libia. Un inferno. Lì ti portano in carcere per poterti ricattare e ricevere soldi dalla tua famiglia. Per  tornare libero devi pagare. Durante il giorno c’è chi ti viene a prendere per portarti a lavorare nei campi. Sono riuscito a scappare dalla Libia il 6 maggio 2017 partendo da Zabratha insieme ad altre cento persone. Siamo stati salvati in acque internazionali da una nave olandese.

Dopo che in mezzo al Mediterraneo, un’imbarcazione pirata ci aveva rubato il motore lasciandoci soli in balia delle onde. Due persone sono morte. Soffocate in mezzo all’imbarcazione perché era impossibile respirare da quanti eravamo”. Dopo l’Odissea del viaggio per raggiungere l’Italia l’ultima corsa ad ostacoli la settimana scorsa. Quando dopo due casi di Coronavirus  all’interno del centro di accoglienza per migranti ex Caserma Serena a Treviso  è scattata la quarantena oltre all’ obbligo dei tamponi per tutti gli ospiti del centro di accoglienza: “Ho avuto paura di non poter riuscire a fare l’esame di maturità” racconta Patrice. Ma superati tutti i giorni messi in conto per la quarantena, Patrice riuscirà giovedì prossimo a discutere in presenza a scuola il colloquio della maturità: “E’ molto importante per me – dice il maturando Patrice – La strada che non sono riuscito a percorrere nel mio Paese adesso posso iniziare a percorrerla qui”. Prossimo traguardo? “Mi iscriverò alla facoltà di Ingegneria meccanica”.