Mazzi di peperoncino, fiori di carciofo, il mirto della sua Sardegna. Niente fiori sulla bara di Michela Murgia, così come lei stessa aveva chiesto e desiderato. Nella chiesa degli Artisti, in piazza del popolo, a Roma, il feretro della scrittrice, morta il 10 agosto a 51 anni, è arrivato accolto da dieci minuti di applausi Durante i funerali, celebrati da don Walter Insero, i canti dell’Azione cattolica, che la Murgia aveva frequentato da ragazza, e il saluto del suo amico Roberto Saviano. «Per lei le parole più difficili della mia vita», ha esordito lo scrittore ricordando che «Michela era con me quando nessuno c'era. Sapeva che questi governi stanno andando verso un buio di scelte autoritarie, che andavano disinnescate democraticamente. Dobbiamo portare avanti la sua battaglia per i diritti». Don Insero, invece, ha sottolineato che la Murgia «ha fatto tante battaglie conservando la fede. Ha dimostrato che si può amare nel dolore». All’uscita i canti di Bella ciao e il cartello «God save de queer», la scritta che compariva sul suo abito da sposa quando, in articulo mortis, ha sposato Lorenzo Terenzi per garantirgli i diritti civili. A portare la bara lo stesso Terenzi, i quattro figli dell’anima di Michela e Roberto Saviano. Ai funerali anche Elly Schlein, Francesca Pascale e Paola Turci.