Piero Martello, presidente del Tribunale del lavoro di Milano, ci tiene a distinguere il piano penalistico da quello civile ma è d’accordo con Famiglia cristiana sulla proposta di abolizione della legge per come è attualmente formulata: «Sul piano penalistico è un reato che suscita forti perplessità perché non si collega a un comportamento ma a una qualità della persona. La mia esperienza, però, mi fornisce ampio materiale soprattutto sulle conseguenze che questa situazione determina nel mondo del lavoro, perché il clandestino è ancora più debole rispetto ai “soggetti deboli” tanto da diventare formalmente addirittura inesistente. C’è una sorta di invisibilità della persona, che si trasforma in un’inesistenza dal punto di vista dei suoi diritti. Il clandestino, che comunque lavora e che talvolta lo fa alle dipendenze di ex immigrati o addirittura ex clandestini - ulteriore problema di cui bisogna prendere atto con più forza – è, così, ancora più debole. Il suo stato di clandestino determina una “ricattabilità” che lo induce a non reagire di fronte a trattamenti deteriori e ad accettare condizioni umilianti: viene sottopagato, per esempio, e ha orari di lavoro lunghissimi. Inoltre, la clandestinità diventa un motivo di speculazione perché il datore di lavoro privo di scrupoli può arrivare a farsi anche pagare pur di garantirsi la cosidetta emersione che gli può essere richiesta, come nei casi delle sanatorie. L’abolizione del reato toglierebbe al datore di lavoro, quindi, la compressione dei diritti del suo lavoratore. Il problema è proprio questo: in generale, infatti, il soggetto più debole è il lavoratore e i clandestini sono i più deboli tra i deboli, nonostante vivano e lavorino tra noi. Sono certo, per altro, che la presenza del clandestino debba essere regolata dallo Stato ma non attraverso lo strumento penale. Il problema esiste e non può essere trascurato o dimenticato. Il fenomeno, dunque, va affrontato sì dallo Stato ma credo anche che ci siano altri strumenti, più opportuni e più efficaci per combattere il problema. Il fenomeno del lavoro nero, per esempio, è già molto diffuso in generale, ma in questo caso appare in modo più forte perché rende il lavoratore ancora più debole e più esposto ai condizionamenti, alle pressioni e ai soprusi, situazione che determina l’invisibilità della persona, e che si trasforma in inesistenza o cancellazione dei diritti».
Piero Martello: un aiuto per i diritti dei lavoratori
Il presidente del Tribunale del lavoro di Milano sottolinea l'importanza di cambiare la legge
11 luglio 2013 • 22:00



