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Piombo nell'acqua: nuovi limiti

Una ricerca svela che i romani bevevano acqua inquinata dal piombo...

L’acqua che bevevano gli antichi romani conteneva una quantità di piombo 100 volte superiore rispetto a quella presente nelle sorgenti, ma non costituiva comunque una seria minaccia per la salute. A descrivere esattamente per la prima volta la qualità dell’acqua dell’antica Roma è la ricerca coordinata dall’Università francese Lumiere, di Lione, e pubblicata sulla rivista dell’Accademia delle scienza degli Stati Uniti, Pnas.

I ricercatori, coordinati da Hugo Delile, si sono basati sui campioni dei sedimenti prelevati dall’antico Canale Romano, che collegava il Tevere alla Fossa Traiana, nelle vicinanza del Porto di Traiano e del Porto di Claudio, nella zona in cui oggi si trova Fiumicino. I dati sono stati inoltre confrontati con quelli ottenuti analizzando i sedimenti nella zona che precede il delta del Tevere e cinque tubature di piombo del periodo compreso fra primo e secondo secolo. Quello che emerge, scrivono i ricercatori, è ”un diffuso aumento della quantità di piombo presente nel sistema di distribuzione dell’acqua potabile”. Questo ”attesta in modo indiscutibile il generale inquinamento da piombo nell’acqua dell’antica Roma, anche se le concentrazioni di questo metallo erano a livelli non tali da rappresentare una minaccia per la salute”.

Oggi sappiamo che il piombo nell’acqua in dosi eccessive fa male. Con effetti patologici anche gravi. Dai disturbi neurologici e comportamentali alle malattie cardiovascolari. Ma possono sorgere problemi anche ai reni, si possono avere fenomeni di ipertensione, ridotta fertilità e aborti, ritardo nella maturazione sessuale e alterato sviluppo dentale. Proprio perché il piombo è pericoloso, dallo scorso 26 dicembre sono scattati i nuovi limiti previsti da un Decreto legislativo n.31 del 2001 che porta il limite a 10 µg/litro contro i 25 µg/litro adottati dieci anni fa.