Dire che sono disgustato per le notizie che arrivano dalla gendarmeria vaticana non è abbastanza per spiegare il mio stato d’animo. Monsignori che approttano della loro posizione per trafugare documenti riservati e passarli (o venderli?) a giornalisti; signorine superambiziose, assunte in ruoli delicatissimi, che tradiscono la ducia accordatagli dal Vaticano; rampanti monsignorini che, una settimana prima del Sinodo, si precipitano a convocare la stampa per rendere pubblica la propria situazione omosessuale e la convivenza da tempo con un amico; uomini di Chiesa che si avventurano in speculazioni nanziarie, perdendo centinaia di milioni di euro o che vivono in appartamenti lussuosi. Ma che Chiesa è questa? Pensavo, anzi speravo che i tempi dei Borgia fossero ormai seppelliti da secoli. Mi sbagliavo di grosso. Forse, l’unica via d’uscita per una Chiesa vera è il ritorno al Vangelo, un rapporto più diretto con Dio, mettendo da parte quegli intermediari che ne hanno offuscato l’immagine. Questa, sì, sarebbe una Chiesa con la “C” maiuscola.
UN LETTORE
Francamente non capisco lo scandalo che si invoca intorno alle rivelazioni sulle nanze vaticane. Come, del resto, non comprendevo lo “scandalo” di cui si lamentavano la Curia vaticana e il portavoce della Santa Sede su Vatileaks e la diffusione di documenti riservati. I Papi riformatori e “poveri”, nonché venuti dalla “ne del mondo” come Francesco, dovrebbero invece gioire e farsi forti di queste rivelazioni, così da poter pubblicamente evidenziare e sostenere la loro opera riformatrice, tesa alla trasparenza e alla verità, così da poter cacciare con ignominia prelati e prelatini dal Vaticano e dalla Chiesa con il plauso delle folle di fedeli autentici. Altrimenti, correremmo il rischio del famoso detto: “pubbliche virtù e vizi privati”.
LUIGI C.
Se l’obiettivo era quello di aiutare il Papa a fare pulizia all’interno della Chiesa, i metodi per lo meno sono alquanto dubbi, se non illeciti. A riconoscerlo è stato lo stesso Francesco, nell’Angelus di domenica scorsa, quando di fronte allo sconcerto dei credenti sulle recenti vicende dei nuovi “corvi” in Vaticano e la pubblicazione di due libri con materiale trafugato, ha detto con molta chiarezza: «Rubare quei documenti è un reato. È un atto deplorevole che non aiuta. Io stesso avevo chiesto di fare quello studio, e quei documenti io e i miei collaboratori già li conoscevamo bene e sono state prese delle misure che hanno incominciato a dare frutti, anche alcuni visibili». Più chiaro di così! Ci ha pensato, quindi, il Papa stesso a smentire direttamente le buone intenzioni dei due giornalisti autori dei libri sul Vaticano.
UN LETTORE
Francamente non capisco lo scandalo che si invoca intorno alle rivelazioni sulle nanze vaticane. Come, del resto, non comprendevo lo “scandalo” di cui si lamentavano la Curia vaticana e il portavoce della Santa Sede su Vatileaks e la diffusione di documenti riservati. I Papi riformatori e “poveri”, nonché venuti dalla “ne del mondo” come Francesco, dovrebbero invece gioire e farsi forti di queste rivelazioni, così da poter pubblicamente evidenziare e sostenere la loro opera riformatrice, tesa alla trasparenza e alla verità, così da poter cacciare con ignominia prelati e prelatini dal Vaticano e dalla Chiesa con il plauso delle folle di fedeli autentici. Altrimenti, correremmo il rischio del famoso detto: “pubbliche virtù e vizi privati”.
LUIGI C.
Se l’obiettivo era quello di aiutare il Papa a fare pulizia all’interno della Chiesa, i metodi per lo meno sono alquanto dubbi, se non illeciti. A riconoscerlo è stato lo stesso Francesco, nell’Angelus di domenica scorsa, quando di fronte allo sconcerto dei credenti sulle recenti vicende dei nuovi “corvi” in Vaticano e la pubblicazione di due libri con materiale trafugato, ha detto con molta chiarezza: «Rubare quei documenti è un reato. È un atto deplorevole che non aiuta. Io stesso avevo chiesto di fare quello studio, e quei documenti io e i miei collaboratori già li conoscevamo bene e sono state prese delle misure che hanno incominciato a dare frutti, anche alcuni visibili». Più chiaro di così! Ci ha pensato, quindi, il Papa stesso a smentire direttamente le buone intenzioni dei due giornalisti autori dei libri sul Vaticano.


