«Questo consiglio pastorale è un vero strumento di governo», ripete più volte don Ciro Miele, «non un semplice organo consultivo». Pugliese, classe 1968, parroco da oltre venticinque anni, dal marzo 2019 alla guida della parrocchia dei Santi Pietro e Paolo Apostoli a Casalvecchio di Puglia, paese di poco meno di duemila abitanti in provincia di Foggia, don Ciro ha introdotto questa novità nel settembre scorso, con un progetto che definisce di “Chiesa sinodale”, utile anche a valorizzare con intelligenza il “genio femminile” di cui parlava san Giovanni Paolo II.

Dodici donne, diverse tra loro per età e ruoli, chiamate a governare insieme a don Ciro la vita della parrocchia nella diocesi di Lucera-Troia. «Inizialmente le donne nel consiglio pastorale erano una minoranza, poi quando è stato il momento di rinnovarlo, ci ho pensato a lungo e alla fine ho deciso». Una scelta coraggiosa che ha suscitato reazioni nella piccola comunità parrocchiale. «Ci sono state critiche e qualcuno mi ha espresso chiaramente il proprio disappunto, ma io credo che per aprire dei reali processi di rinnovamento nella Chiesa, di cui parla papa Francesco, sia necessario attuare gesti audaci». Un passo verso le donne, ma rivolto a tutti, un progetto pensato soprattutto alla luce del cammino sinodale. «Questo “esperimento” mira anche ad avere uno sguardo diverso sulla realtà per comprendere i reali problemi delle nostre comunità, arginare la desertificazione delle chiese, fino ad arrivare, chissà, a dar vita ad “anticorpi contro il clericalismo”. Questa esperienza fa bene a me sacerdote, in un tempo di pandemia clericale, per affrontare le questioni parrocchiali con un sentire di bene comune per l’intera collettività».

Giornalista, membro dell’Istituto Gesù Sacerdote (istituto aderente alla Famiglia Paolina che si occupa di formazione sacerdotale), docente di Teologia, don Miele, ci racconta la sua visione di Chiesa a partire dall’enciclica Lumen gentium, con uno sguardo sempre rivolto all’uomo e che risente dell’incontro del venerabile don Tonino Bello, di cui è stato discepolo. Una visione che si concretizza attraverso la scelta di queste dodici donne, diverse tra loro per età (si va dai 27 ai 57 anni), esperienze di vita, professioni e ruoli nel contesto parrocchiale. «All’inizio siamo rimaste un po’ sbalordite, eravamo incredule e un po’ sorprese dalla richiesta arrivata da don Ciro», racconta Franca, la decana del gruppo e responsabile del coro,  «perché nei consigli pastorali precedenti le donne presenti erano poche. Abbiamo capito che don Ciro non stava scherzando quando ha continuato a chiedere la nostra disponibilità. Questo è un passo rivoluzionario per un piccolo paese come il nostro». Un atto di fiducia verso il proprio parroco, la propria comunità, ma anche tra loro. Ogni timore iniziale si è sciolto velocemente, nel mettersi in gioco si sono sentite apprezzate e valorizzate. «Abbiamo detto sì», prosegue Maria, «seppure all’inizio io non avevo chiaro che questo passo avrebbe creato tanto scalpore, pensavo solo a un modo diverso di mettermi a servizio della mia parrocchia e di chi ha bisogno». Scalpore e diffidenza, che si accostano al desiderio di cambiamento, che arriva prima di tutto dalle loro famiglie.

Sono figlie, sorelle, mogli e madri. Nel gruppo, che si presenta ben affiatato, si respira aria di intesa e una sintonia tale che a volte le risposte arrivano con una voce all’unisono. Una complicità che supera ogni giudizio e fornisce uno sguardo diverso sulla realtà, andando oltre le apparenze. «Cerchiamo di dare quel qualcosa in più che al momento serve», puntualizza Mariagrazia.  «Vogliamo essere una finestra aperta sul mondo, altrimenti quest’esperienza non avrebbe senso». Una scelta che rispecchia la politica di Jorge Mario Bergoglio nei confronti delle donne e della loro importanza all’interno del mondo cattolico. «Siamo molto contente che il Papa stia dando più spazio alle donne nella Chiesa, e nel nostro piccolo che anche don Ciro segua il suo esempio», sottolinea Rosa. «Ovviamente ci fa piacere perché sappiamo che possiamo dare tanto e condividere con gli altri doni ed esperienze personali». Un sentimento di unità vissuto con l’auspicio che questa testimonianza possa essere replicata anche da altre parrocchie in Italia. «Il nostro augurio è non solo di poter trasmettere la felicità che stiamo provando», conclude Ilaria, «ma anche che ci sia una crescita spirituale e umana per noi e per la nostra comunità». Speranza che come un piccolo seme gettato può crescere e diventare albero, andando oltre pregiudizi e reticenze. Un cammino proteso verso le persone, fatto di gesti e parole, in cui le donne ancora una volta sono portatrici di profezia per tempi nuovi.