Anche lo stadio di San Siro è finito al centro di un’inchiesta della Procura di Milano. Un’iscrizione “modello 45” — senza reati né indagati — ma con l’obiettivo di verificare se la vendita del Meazza, avviata dall’amministrazione Sala, possa provocare un danno alle casse pubbliche. Un nuovo fronte per Palazzo Marino, già scosso da scandali urbanistici e arresti eccellenti. Un tema che Famiglia Cristiana ha approfondito con un'inchiesta sul numero in uscita da giovedì 31 luglio in tutte le edicole e parrocchie.

A chiedere chiarezza è stato anche Luigi Corbani, ex vicesindaco e oggi portavoce del comitato “Sì Meazza”, promotore di un esposto che contesta duramente il progetto: «Parliamo di una svendita di fine stagione», accusa. E snocciola i numeri: il Comune intende vendere lo stadio a Milan e Inter per 72,9 milioni di euro, prezzo calcolato dall’Agenzia delle Entrate. Ma si è detto disponibile a pagare 80 milioni per abbatterlo. Il risultato? Un saldo negativo.



Ma la partita più grossa si gioca fuori dal rettangolo di gioco. Oltre al Meazza, l’accordo prevede la cessione di 262mila metri quadrati di aree limitrofe per 124 milioni, pari a 473 euro al metro quadro. Un prezzo di saldo in una zona di Milano dove i valori reali — secondo stime indipendenti — possono toccare i 2.000 euro al metro. In totale, i due club pagherebbero 197 milioni per un’operazione urbanistica di enorme valore, ma il Comune ne sosterrebbe 80 in demolizione: il “pacchetto” verrebbe via a 117 milioni netti.

Per Corbani, il progetto andrebbe bloccato. Non solo per ragioni economiche, ma anche per mancanza di trasparenza. Da anni, infatti, la trattativa è riservata, diretta tra Comune e club, senza gara pubblica. Alcuni progetti alternativi — che proponevano il recupero dello stadio, come quelli firmati Aceti-Magistretti o Webuild-Roj — sono stati ignorati.

«Manca qualsiasi regia politica, come l’impegno dei club per le case popolari di via Selinunte e Segesta», attacca Corbani. «Il sindaco Sala ha dichiarato che la politica non sempre può imporre regole. Ma allora chi dovrebbe farlo»? A suo giudizio, si tratta di una resa al potere economico. E la scelta di abbattere il Meazza entro il 2025 appare dettata da una precisa scadenza: quella dei 70 anni del secondo anello, che farebbe scattare il vincolo architettonico.



Sul punto c’è battaglia legale. Secondo il Comune, il termine parte dal 10 novembre 1955; per il Comitato, invece, da gennaio dello stesso anno. Il Tar ha dato ragione a Palazzo Marino, respingendo la sospensiva, ma il clima resta teso.

Tanto più che l’inchiesta sui progetti immobiliari ha lambito anche il nuovo stadio. I pm parlano di un possibile conflitto d’interessi che coinvolgerebbe la Commissione Paesaggio e l’assessore all’Urbanistica Giancarlo Tancredi, che fu responsabile del procedimento per il nuovo impianto. La società J+S, legata ai progettisti citati nell’indagine, è la stessa che ha realizzato altri stadi in Italia ed è coinvolta anche nella riqualificazione delle ex Scuderie De Montel, poco lontano da San Siro.

Il Comune voleva chiudere l’accordo entro luglio, ma gli sviluppi giudiziari hanno riaperto tutto. «Abbiamo segnalato per anni le opacità di questa operazione», conclude Corbani. «Ora che la giustizia ha acceso i riflettori, si capisce che avevamo ragione».