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Faccio una colazione abbondante ed esco al sorgere del sole. Lascio il nostro appartamento a Schiltigheim, alla periferia di Strasburgo. Di solito prendo l'autobus dell'azienda, ma stamattina preferisco arrivarci in macchina. Mi metto in strada per raggiungere la mia società che dista una ventina di chilometri da casa. Lavoro lì da dieci anni. L'azienda fabbrica carrelli per i supermercati, gli aeroporti, gli ospedali... Per vent'anni sono stata caporeparto in un maglificio. Era un buon posto, ma la società è fallita. Allora ho accettato quello che capitava, ed è stato un posto in questa fabbrica. Installo le mone-tiere sulle barre metalliche. Sono quelle fessure in cui si infilano le monete o i gettoni per liberare i carrelli. A seconda degli ordini o dei Paesi, queste monetiere non sono posizionate nello stesso posto: bisogna regolarle, fissarle talvolta al centro, talvolta a destra, talvolta a sinistra:..
Lavoro con un'avvitatrice e resto in piedi. È un compito molto fisico, ma ormai ho preso il ritmo. È un mondo maschile: in ogni gruppo c'è una proporzione di circa trecento uomini per una dozzina di donne. Mi sono abituata anche a questo. Credo che tutti questi uomini mi vogliano bene... Spesso vengono a raccontarmi le loro storie. Scherziamo, discutiamo. Mi piace il contatto umano che questo lavoro consente, e vedo sempre il lato positivo delle cose... È da me che mandano gli stagisti. Va tutto bene, davvero, perché sono in perfetta forma e sono felice.
La prima ombra su questa felicità si presenta nel parcheggio dell'azienda, illuminata da un sole nascente: sento formicolii alle estremità delle dita. Penso a una vecchia frattura al mignolo. Reumatismo? Il segno che il tempo sta cambiando? Sarebbe un peccato se piovesse oggi, al ballo. Ma no, sarà un'altra cosa: il fastidio è alle dita di entrambe le mani.
Il dolore si estende alle giunture. È improvviso e decisamente forte. Mi massaggio le mani, senza successo. È strano, ma non ha importanza. Devo andare... Saluto i miei colleghi, mi dedico alle monetiere e mi accorgo che, lavorando, le mani si sgranchiscono.
Ma ecco che sopraggiunge un terribile mal di testa. Provo a non pensarci. Posiziono, avvito, installo. Le sbarre dei carrelli si ammucchiano... e il brusio della fabbrica si intensifica fino ad arrivarmi dritto nel cervello. L'emicrania mi stordisce. Non posso nemmeno piegarmi per appoggiare un attrezzo nella cassetta.
Alle 8:30 decido di andarmene.
Vado dal mio capo per comunicargli che non riesco a continuare.
- Riposati, Angèle. Prenditi una pausa, passerà...
No. Ho già capito che non passerà. Che tutte le pause, tutte le belle parole non serviranno. Non posso più lavorare, nonostante tutta la volontà di cui sono capace. Ho il presentimento che quello che mi affligge stamattina non sia una semplice emicrania, non un banale reumatismo. Ho un'oscura sensazione che stia per succedermi qualcosa di grave, ma non so che cosa.



