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TERESA CONSIGLIO
L’ interrogativo nasce da un’interpretazione esclusivamente materialistica del sacramento. Gesù ha voluto certamente legare la sua presenza sacramentale, vera ma non fisica, nei segni conviviali del pane e del vino sui quali, durante la Messa, vengono compiuti i gesti e pronunciate le parole stesse di Gesù nell’ultima cena. A prescindere dalle complesse discussioni teologiche che, da oltre un millennio, hanno cercato di “spiegare” il mistero, non dimentichiamo che la Comunione eucaristica è il culmine di un reciproco rapporto d’amore che precede e che va oltre il momento rituale. Non è fuori luogo il parallelo con l’intimo rapporto coniugale se teniamo presente che nella liturgia si attua l’incontro di Cristo Sposo «con la Chiesa sua sposa amatissima» (SC 7). A questo punto, è proprio così importante sapere fino a che punto i segni del pane e del vino, ai quali è strettamente legata la presenza sacramentale del Risorto, resistano ai succhi gastrici del nostro stomaco come a qualsiasi altro tipo di alterazione? Il rapporto d’amore supera il breve momento rituale e il nostro adorante ringraziamento è la vita vissuta quotidianamente in sintonia con gli stessi sentimenti dell’Innamorato.



