Se Benigni arriva all’Ariston dall’esterno con una banda musicale e non dall’interno, scendendo le scale famose del palco, ci sarà stato un motivo. Come a dire: «ricordatevi che sono un Clown e tale voglio restare, per quello che dirò, prendete tutto con le “pinze”; certo anche io racconto le mie opinioni». Opinioni di un Clown è il romanzo capolavoro di Heinrich Böll, ambientato nel periodo della ricostruzione industriale tedesca successiva alla sconfitta della seconda guerra mondiale. Il protagonista Hans – abbandonato dalla sua compagna, la cattolicissima Maria-, si rifugia nella malinconia di un amore ormai irrimediabilmente perduto. Ripensa al suo passato e, sotto la sua maschera di Clown, è l'unico a leggere la propria vita senza il filtro dell'ipocrisia nella quale è cresciuto. Chi ascolta un clown alla TV pensa di doversi divertire, ridere, dopo una giornata di pesante lavoro, magari. Il fatto è che se il Clown è un genio artistico come Benigni, le cose non sono così semplici. La sua maschera si trasforma in uno specchio e “provoca” a penetrare nell’intimo dell’artista e da lì anche a verificare il proprio livello di mascheramento.
Gli applausi non sono mancati anche per Benigni. D’altronde, c’è chi lavora nei programmi televisivi per far applaudire il pubblico. L’apprezzamento vero, però, si vede quando c’è la standing ovation, come è avvenuto con Fornaciari- Zucchero, al canto comune: “solo una sana e consapevole libidine salva il giovane dallo stress dell’Azione Cattolica”. Tutti cantanti in sala e tutti convinti che l’esplosione della libido è la medicina più appropriata per vincere la nevrosi (vecchia tesi degli anni ’70). Eppure, tutti “mascherati” (con le dovute eccezioni, ovviamente). Sì, perché tolta quella maschera, si vede la verità: lo stress si è trasferito nella libidine e perciò gli esseri umani dell’Occidente opulento (compresi tutti quelli che erano in sala) non riescono più, per quella via della libido “sana e consapevole”, a vincere un bel niente.
Niente standing ovation per Benigni. La sua performance non è stata molto gradita: non perché avrebbe “dissacrato il cristianesimo” (semmai l’ebraismo, il Cantico dei Cantici è un poema bellissimo della rivelazione ebraica), riportando un testo sull’amore tra una donna e il suo compagno, di 2400 anni orsono, all’interpretazione originaria dell’amore “carnale-erotico”; ma perché con il suo savoir faire di Clown ha smascherato l’ipocrisia sulla frustrazione sessuale che angoscia l’Occidente, come ha ben chiarito, in un suo prezioso libricino, prima di morire, Z. Bauman, Gli usi postmoderni del sesso.
Perciò, l’operazione “culturale” di Benigni era condannata sin dall’inizio al fallimento.
E non perché non abbia detto cose “esatte”, studiando poco o riferendosi a studiosi “dubbi” (per nulla, ha citato i migliori, indiscutibilmente, penso a Ravasi). Piuttosto, perché ogni testo nasce in chi lo legge e in chi lo ascolta: perciò, nell’ipotesi che il testo originario sia stato scritto da chi -poeta dell’amore umano - aveva ben presente l’armonia (l’equilibrio redento) tra amore-eros-sesso, oggi quel testo non si può più ascoltare così, perché quell’armonia è stata infranta, anzi violentata dall’ideologia pansessualista dell’attuale “pensiero unico”.
In più, il Clown ha citato solo in parte R. Akiba: “il mondo intero non ha tanto valore come il giorno in cui fu dato a Israele il cantico dei Cantici”. Non ha preso sul serio la sua profezia che aveva il senso di una maledizione per chiunque pensasse al Cantico come una raccolta di “canti profani”: «chi canticchia il Cantico dei cantici nelle osterie e ne fa un cantico profano non ha parte nel mondo a venire». Pensiero ripreso dal Talmud, secondo cui i rabbini hanno insegnato: «se uno canta come una canzone un verso del Cantico dei cantici, o se uno legge un verso in un’osteria in un tempo non appropriato, costui porta sciagura al mondo». Speriamo che nessuno pensi al coronavirus come la sciagura-castigo-flagello-piaga di Dio per tanta profanazione. Speriamo proprio nessuno e comunque speriamo che non sia un “cattolico cristiano”.
Benigni potrebbe rispondere con Heinrich Böll: “Io sono un clown, e faccio collezione di attimi”.