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mercoledì 16 luglio 2025
 
Rito romano Aggiornamenti rss don Gianni Carozza

XIV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO C) - 6 LUGLIO 2O25

Un cuore libero, sciolto e generoso

In qualunque casa entriate, prima dite: “Pace a questa casa!” Luca 10,5

All’inizio del viaggio di Gesù verso Gerusalemme l’evangelista Luca racconta la missione di altri settantadue discepoli in cui rientrano tutti coloro che, nel corso della storia, sono diventati collaboratori di Gesù. Là dove arriveranno dovranno dire: «Pace a questa casa». È Gesù che li manda, anche se prevede i non pochi pericoli che dovranno incontrare: «Vi mando come agnelli in mezzo ai lupi». E li manda sprovvisti di tutto. Il discepolo, infatti, è finalizzato al Maestro e all’annuncio che deve proclamare; non si pone come centro del messaggio né sente la sua vocazione come fonte di potere. Tre sono gli impegni essenziali del missionario: preghiera, annunzio e povertà. «Pregate dunque il signore della messe, perché mandi operai nella sua messe!». Annunciare il Vangelo è un evento spirituale, la preghiera è il suo organo percettivo. La preghiera “serve per vedere” che la messe è molta e gli operai sono pochi! Ma chi ci crede? Diceva il grande teologo Karl Barth: «Noi cristiani non dobbiamo metterci a sedere in mezzo ai miscredenti come gufi malinconici».

Il rischio esiste. Non è vero che possiamo sembrare gufi malinconici quando non facciamo altro che deplorare i mali del mondo (la morale di una volta non è più rispettata, le buone abitudini si perdono, il mondo va peggiorando di giorno in giorno…) senza vedere il bene immenso che pure non sarebbe difficile scoprire, dentro la Chiesa e anche tra coloro che non si dicono credenti? L’annuncio deve essere sereno e coraggioso: non bisogna mai lasciarsi tentare dal fascino della violenza e dall’imposizione forzata, ma sempre essere rispettosi della libertà altrui e mai scendere a compromessi o accomodamenti. Infine, la povertà. Chi annuncia l’Evangelo non è legato al denaro e al vestito, è distaccato dagli incubi economici e dalla preoccupazione maniacale del domani. Riceve ciò che gli viene offerto e dona gratuitamente ciò che ha, cioè la sua parola, il suo amore per i malati e i sofferenti.

Oggi più che mai siamo chiamati anche noi a una missione povera con i poveri e per i poveri, per le tante forme di povertà, soprattutto quelle interiori, che sono paradossalmente più difficili da superare. È la libertà dalle cose, la libertà dal tempo e la libertà del cuore. Il testimone cristiano è uno che sa usare bene le cose, il tempo e che ha il cuore libero. Il cardinale Martini usava tre aggettivi molto belli: un cuore libero, sciolto e generoso. Dovremmo essere una chiesa libera, sciolta e generosa. Tanto quello che non abbandoneremo noi, ce lo faranno lasciare gli altri o le circostanze d’intorno.

E il papa san Paolo VI nella esortazione Evangelii nuntiandi scriveva: «Evangelizzare è la grazia e la vocazione propria della Chiesa, la sua identità più profonda. Essa esiste per evangelizzare, vale a dire per predicare ed insegnare, essere il canale del dono della grazia, riconciliare i peccatori con Dio, perpetuare il sacrificio del Cristo nella santa Messa, che è il memoriale della sua morte e resurrezione. Invitata ad evangelizzare, a sua volta invia gli evangelizzatori. Mette nella loro bocca la Parola che salva, spiega loro il messaggio di cui lei è depositaria: dà loro il mandato che lei stessa ha ricevuto. Ma non a predicare le proprie persone, le loro idee personali, bensì un Vangelo di cui né essa, né essi sono padroni» (n. 14).


03 luglio 2025

 
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