Onorare il Re, custodire il gregge
«Davanti a lui verranno radunati tutti i popoli. Egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dalle capre, e porrà le pecore alla sua destra e le capre alla sinistra». Matteo 25,32-33
Concludiamo l’anno liturgico con la solennità di Nostro Signore Gesù Cristo, Re dell’Universo, Principio e Fine, Alfa e Omega, «primizia di coloro che sono morti», nel quale «tutti riceveranno la vita»: Egli «pone i suoi nemici sotto i suoi piedi, e in ultimo la morte» (II lettura, 1Corinzi 15). La liturgia ci consegna l’imponente affresco matteano del Giudizio finale, che chiude il “discorso escatologico” di Gesù, l’ultimo dei cinque conservati in Matteo, come cinque sono i libri della Torah, “la Legge”, prima sezione della Bibbia ebraica: l’evangelista che apre il Nuovo Testamento, rivolgendosi ai cristiani provenienti dal Giudaismo, mostra che Cristo, vero e unico Maestro, viene a compiere le Scritture; «tutta la Legge e i Profeti dipendono» dal «comandamento grande» dell’Amore (cfr. Matteo 22,36-40).
Alla vigilia della Passione, «sedutosi sul monte degli Ulivi», guardando la città santa il Signore istruisce «in disparte» «i suoi discepoli» (Matteo 24,1-3) e dice loro chiaramente di essere il Re atteso, il Messia salvatore, Gesù (= “Dio salva”, «come era stato chiamato dall’Angelo prima di essere concepito nel grembo della madre», Luca 2,21), il «Pastore grande delle pecore» (cfr. Ebrei 13,20), Colui che le «separa dai capri» (Matteo 25,32) secondo l’unico precetto dell’amore vicendevole. Si riassume qui il messaggio del primo Vangelo: il Maestro e Signore, “l’Emmanuele”, è «con noi» dal principio (Matteo 1,23; cfr. Isaia 7,14) e «fino alla fine del mondo» (Matteo 28,20); Egli è il Re potente, il figlio di Davide, il sovrano dell’Universo, il Pastore buono (cfr. Giovanni 10) che «fa riposare su pascoli erbosi e conduce ad acque tranquille» (Salmo 22, Responsorio), che «passa in rassegna le pecore» per custodirle e «radunarle da tutti i luoghi in cui erano disperse nei giorni nuvolosi e di caligine», per «andare in cerca di quella perduta e ricondurre all’ovile quella smarrita, per fasciare quella ferita e curare quella malata», per «pascerle con giustizia» (I Lettura, Ezechiele 34).
In Gesù anche noi battezzati siamo fatti Re e “pastori” gli uni degli altri, chiamati a seguire Cristo e a condurre a Lui i nostri fratelli, a cominciare dai più vicini, i nostri “prossimi”, il coniuge, i figli, i genitori, i colleghi di lavoro, per continuare con i più fragili, poveri, abbandonati e dimenticati: solo sull’Amore, «comandamento grande» e grande chiamata, tutti saremo giudicati; il Re «siederà» (il verbo dice potenza e giudizio) e riconoscerà su di noi la benedizione senza fine, la Vita che non muore, «perché» avremo «avuto amore gli uni verso gli altri» (Giovanni 13,35): «dare da mangiare a chi ha fame», «da bere a chi ha sete», «ospitare il forestiero», «vestire il nudo», «visitare il malato e il carcerato» sono le opere di misericordia, che fanno «santi come Dio è santo» (cfr. Levitico 19,2); sono le Beatitudini (Matteo 5,1-12) rese vita quotidiana, luce «che illumina le genti» (cfr. Luca 1,79; 2,32) nel cammino della terra, troppe volte oscurato dal peccato e dal male.