Qualche mese fa, sorridendo, il Santo Padre mi ha chiesto: «Ti è aumentato il lavoro con l’Amoris laetitia?». Ho risposto che si è generato un fiume in piena per tutti noi ed è bellissimo. L’Amoris laetitia non è il capriccio solitario di un Papa illuminato: è voce di popolo e voce di Chiesa. È nata infatti da un lungo ascolto. Con i miei collaboratori abbiamo volentieri passato le nottate a sfogliare le risposte pervenute da tutta Italia alla doppia consultazione di popolo, accompagnando l’intenso percorso sinodale che ne è scaturito. L’VIII capitolo, in particolare, è frutto di questo ampio confronto.

Papa Francesco, con le stesse note del Magistero di sempre, ha composto una musica nuova: «Gesù vuole una Chiesa attenta al bene che lo Spirito sparge in mezzo alla fragilità» (AL 308). In quanti giovani c’è un desiderio di “fare famiglia” che non trova compimento per mancanza di stabilità lavorativa? Molti restano a lungo conviventi perché «sposarsi è percepito come un lusso» (AL 294). Per altri, il matrimonio è solo un pesante vincolo. I padri sinodali hanno sottolineato che è mancato un annuncio gioioso del sacramento delle nozze. «Molte volte abbiamo agito con atteggiamento difensivo e sprechiamo le energie pastorali moltiplicando gli attacchi al mondo decadente, con poca capacità propositiva per indicare strade di felicità» (AL 38). Occorrono allora i nuovi occhiali che lo Spirito Santo ci offre per leggere con gioia la post-modernità, superando lo sgomento che ci intristisce.

Siamo in grado di riconoscere «la brace che arde ancora sotto le ceneri» (AL 114)? Io l’ho trovata in un uomo in cammino verso il diaconato permanente a Mazara del Vallo, che accogliendo profughi, insieme a sua moglie, profumava più di famiglia che di incenso. L’ho percepita nelle coppie della diocesi di Treviso che, dopo essersi preparate con il Master in matrimonio e famiglia, attingendo alla loro esperienza di fragilità accompagnano ora le famiglie spezzate. L’ho vista risplendere in Benedetta, bimba Down con occhi dolcissimi, al Convegno delle famiglie di Abruzzo-Molise; abbandonata nell’ospedale di Chieti alla nascita, è stata accolta e ha fatto diventare la sua nuova famiglia fabbrica di speranza. «Il principio del realismo spirituale» (AL 320) lo si trova incarnato anche presso la parrocchia dei S.S. Filippo e Giacomo a Capua. Lì i gruppi famiglia hanno realizzato la “Casa della Divina Misericordia”: per 365 giorni all’anno vengono serviti decine di pasti e ospitati decine di fratelli senza tetto, nella luce di Mt 25 e in vero clima domestico. Questa è la musica nuova dell’Amoris laetitia e l’orchestra siamo tutti noi.