L’esortazione del Presule è di «gettarsi nella mischia, di uscire dalle sagrestie. Pur consapevoli delle difficoltà e dei limiti, siamo convinti – afferma nella Lettera – che senza un’azione capillare di formazione delle coscienze anche il futuro resterà incerto e problematico. Senza il “coraggio” di una conversione pastorale e senza uno sforzo congiunto di tutti, in primo luogo della comunità ecclesiale – ribadisce – Napoli non potrà salvarsi».
Preoccupano la crescente povertà e la disoccupazione, la crisi economica persistente e grave, il disagio verso la classe politica e dirigenziale, il “cancro” della criminalità organizzata, che sembra trovare adesioni tra i giovani. «Il recupero della vivibilità nella nostra città – chiosa Sepe – non dipende soltanto dal buon funzionamento delle istituzioni né dal solo impegno della classe dirigente. Dipende – sottolinea – soprattutto dal grado di coinvolgimento e di maturità di tutti i cittadini nella costruzione della casa comune. La Chiesa non può sentire tale compito estraneo e improprio. La sua vocazione di ecclesia – conclude – la sollecita ad essere voce che convoca, raduna, mette in comunicazione, crea comunione».
Pietra miliare nel cammino della Chiesa di Napoli, il nuovo Statuto della Curia, che mancava e che sarà sperimentato nei prossimi tre anni, riflette la luce di una pastorale rinnovata perché si possa raggiungere il bene comune attraverso la corresponsabilità e l’impegno sociale, con un maggiore coinvolgimento dei laici.


