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di Antonio Anastasi
I piromani? “Assassini ambientali”. Non ha dubbi la Conferenza episcopale Calabra, il cui monito arriva nel giorno dei 110 incendi che stanno devastando la regione. Un monito riassumibile in questi termini: “ricorrere agli incendi è del tutto estraneo ad ogni etica umana e cristiana”, ma le istituzioni possono e devono fare di più per fermare il fuoco anche attraverso azioni di sensibilizzazione per una coscienza collettiva più attenta e diffusa. A esprimere la posizione dei vescovi calabresi è monsignor Vincenzo Bertolone, arcivescovo di Catanzaro e Squillace, che proprio di recente nella nota “Vita buona della regione” lamentava la “svendita della nostra terra”, ma ora il Sud Italia e la Calabria bruciano di nuovo e quasi sempre tutto parte dalla mano perversa dell'uomo. In una settimana sono stati quattro i morti, il presidente facente funzioni della Regione Calabria, Nino Spirlì, ha chiesto lo stato d'emnergenza e ha parlato di “sciacalli”, è arrivata la Protezione civile e dalle altre regioni sono giunti 130 vigili del fuoco ma di ora in ora il bilancio diventa più drammatico.
L'Aspromonte continua a bruciare, a Catanzaro la pineta di Siano non esiste più e si valuta l'evacuazione dal carcere, l'aria è irrespirabile perfino intorno al santuario di Polsi rimasto isolato ed è impossibile arrivarci per i pellegrini. L'ultima vittima è un pensionato di Grotteria, nella Locride, dove un anziano, Mario Zavaglia, è morto arso dalle fiamme in seguito al crollo di una casa rurale provocato da un incendio boschivo. Grave la situazione anche nell'area grecanica reggina, dove un disperso alla fine è stato ritrovato cadavere, a Cardeto, e quattro persone ustionate dalle fiamme sono state trasferite all'Grande ospedale metropolitano di Reggio Calabria. Ma la triste serie era inziata a San Lorenzo dove zia e nipote sono morti nel tentativo di proteggere dalle fiamme un uliveto. “Il Signore fermi la mano degli sciagurati piromani – dice monsignor Bertolone – e dia forza a tutti coloro che stanno lavorando per frenare il disastro”. Il suo dito è puntato contro “certi atteggiamenti di sufficienza, e talvolta di strafottenza, di alcuni cittadini. Da qui – dice ancora – la necessità di una coscienza collettiva ma anche di una più incisiva azione delle istituzioni, ad ogni livello, perché prevenzione e monitoraggio possano diventare barriera sempre più alta a difesa dei continui attacchi”.



