È vero che san Paolo avrebbe profetizzato la caduta del Katéchon come segno della fine del mondo nella Seconda lettera ai Tessalonicesi (2Ts 2,6)?
Camilla D.
La domanda si riferisce a un passo enigmatico e molto discusso in cui si parla della fine dei tempi, che sarà preceduta dalla venuta dell’apostasia e dell’avversario di Dio (cf. 2Ts 2,3): «E ora sapete ciò che (lo) trattiene (tò katéchon)... Il mistero dell’iniquità è già in atto; solo è necessario che sia tolto di mezzo colui che (lo) trattiene» (vv. 6-7). A un certo punto l’ostacolo sarà tolto e il Male con il suo inganno raggiungerà il suo culmine, che risulterà evidente. E tuttavia i tessalonicesi vengono rassicurati che in quel momento il Signore annienterà il Male con grande facilità («con il soffio della sua bocca», cf. vv. 7-8). La situazione comunitaria presupposta dalla lettera paolina ci sfugge quasi del tutto, in più il criptico linguaggio apocalittico rende arduo ogni tentativo di identificare i personaggi (invece i suoi primi lettori capivano). Paolo intende mettere in guardia dal lasciarsi ingannare riguardo ai presunti segni della venuta di Cristo: Dio rimane Signore della storia anche nel vincere il Male, e i cristiani devono impegnarsi concretamente nel presente, senza abbandonarsi a elucubrazioni sul futuro, che in più favoriscono l’ozio e il parassitismo (cf. 2Ts 3,6-12).


