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A livello ecumenico «davvero quello che ci unisce è molto più di quello che ci divide! Così, in un mondo diviso e lacerato da molti conflitti, l'unica Comunità cristiana universale può essere segno di pace e strumento di riconciliazione contribuendo in modo decisivo a un impegno mondiale per la pace». Lo dice papa Leone nella conclusione della Lettera apostolica in «Unitate Fidei», diffusa oggi a pochi giorni dalla sua partenza per il viaggio in Turchia per commemorare i 1700 anni dal Concilio di Nicea.
«ll Concilio di Nicea» scrive papa Prevost «è attuale per il suo altissimo valore ecumenico. Il raggiungimento dell'unità di tutti i cristiani è stato uno degli obiettivi principali dell'ultimo Concilio, il Vaticano II. Esattamente trent'anni fa, San Giovanni Paolo II ha proseguito e promosso il messaggio conciliare nell'Enciclica Ut unum sint. Così, con il grande anniversario del primo Concilio di Nicea, celebriamo anche l'anniversario della prima Enciclica ecumenica. Essa può essere considerata come un manifesto che ha aggiornato quelle stesse basi ecumeniche poste dal Concilio di Nicea». «Il movimento ecumenico» continua «ha raggiunto molti risultati negli ultimi sessant'anni. Anche se la piena unità visibile con le Chiese ortodosse e ortodosse orientali e con le Comunità ecclesiali sorte dalla Riforma non ci è ancora stata donata, il dialogo ecumenico ci ha portato» a «riconoscere i nostri fratelli e sorelle in Gesù Cristo nei fratelli e sorelle delle altre Chiese e Comunità ecclesiali e a riscoprire l'unica e universale Comunità dei discepoli di Cristo in tutto il mondo. Condividiamo, infatti, la fede nell'unico e solo Dio, confessiamo insieme l'unico Signore e vero Figlio di Dio Gesù Cristo e l'unico Spirito Santo, che ci ispira e ci spinge alla piena unità e alla testimonianza comune del Vangelo».
«Per poter svolgere questo ministero in modo credibile» invoca quindi «dobbiamo camminare insieme per raggiungere l'unità e la riconciliazione tra tutti i cristiani. Il Credo di Nicea può essere la base e il criterio di riferimento di questo cammino. Ci propone, infatti, un modello di vera unità nella legittima diversità». «Dobbiamo dunque lasciarci alle spalle controversie teologiche che hanno perso la loro ragion d'essere per acquisire un pensiero comune e ancor più una preghiera comune allo Spirito Santo, perché ci raduni tutti insieme in un'unica fede e un unico amore». «Questo non significa un ecumenismo di ritorno allo stato precedente le divisioni» chiarisce «né un riconoscimento reciproco dell'attuale status quo della diversità delle Chiese e delle Comunità ecclesiali, ma piuttosto un ecumenismo rivolto al futuro, di riconciliazione sulla via del dialogo, di scambio dei nostri doni e patrimoni spirituali. Il ristabilimento dell'unità tra i cristiani non ci rende più poveri, anzi, ci arricchisce».



